Una notte dell'estate scorsa, dopo un paio di birre bevute con alcuni amici sulla spiaggia, ero di ritorno a casa quando sulla strada stretta, angusta e per niente illuminata che unisce il mare alla città, c'era un tizio che aveva comodamente parcheggiato la propria auto sul lato della carreggiata per pisciare, in prossimità, tra l'altro, di una curva.

Ovviamente, la situazione comportava un alto potenziale di rischio di incidente, dovuto al malcostume di certa gente che si crede padrone del mondo e, in virtù di tale potere donato da Dio stesso in persona, decide tranquillamente di parcheggiare dove vuole infischiandosene di tutto e di tutti (quante volte siete stati costretti a suonare il vostro clacson per minuti interi perchè "sequestrati" da un'auto posizionata in doppia fila?).

Ebbene, mi accorgo proprio al'ultimo momento dell'insidia e riesco ad evitare, con non poche difficoltà, il pericolo. Naturalmente, in maniera del tutto irrazionale e dal più profondo del mio cuore, mi viene spontaneo alzare la mano e dire "Ma vedi un po' a questo stronzo". L'energumero in questione, di cui ho potuto intravedere, in un secondo momento, la sua grossa figura ed alcuni tatuaggi sulle braccia e sulle spalle, purtroppo, non ha preso questo mio gesto con sportività, e, come ho potuto constatare dallo specchietto, repentinamente è entrato nella propria auto accendendo il motore e partendo tutto d'un fiato. Di lì a poco ne è iniziato un inseguimento, con il mio amico dietro le costole a lampeggiare continuamente per indurmi a fermarmi e, a suo modo di vedere, risolvere la questione tra uomini.

"Col cazzo", ho pensato io, memore anche del fatto che un ragazzo poco tempo prima e nella stessa zona, in una situazione più o meno analoga, scese dalla propria auto per essere, successivamente, portato al pronto soccorso. Pur cercando in tutti i modi di seminarlo, non c'era proprio verso, ce l'avevo sempre dietro a lampeggiare. Il tutto per una trentina di chilometri circa. Alla fine, fortunatamente, il mio inseguitore ha desistito e mi ha lasciato perdere.

Ebbene, questa grottesca vicenda mi ha ricordato "Cape Fear", in cui io, ovviamente, rivestivo i panni di Sam Bowden (Nick Nolte) e il mio amico quelli di Max Cady (Bob De Niro).

Un thriller di Scorsese ben recitato e con degli attori stellari come Jessica Lange, l'adolescente Juliette Lewis che dopo qualche anno diventerà la gnoccona che tutti conosciamo, i già citati Nolte e De Niro, Gregoy Peck e Robert Mitchum a segnare la continuità con il precedente film degli anni 60. La trama, in sè, è abbastanza scontata ed è inutile dire che Scorsese ha fatto molto di meglio. Ma, alla fine, l'opera si lascia vedere, soprattutto per merito dell'intepretazione di Bob con il suo sardonico sorriso e la sua sadica ossessione nei confronti del suo ex avvocato e della sua famiglia.

E poi, del resto, ci sarà un motivo se ancora oggi, dopo aver vissuto quell'esperienza da brividi, il mio incubo ricorrente è quello di trovarmi di fronte al mio potenziale assalitore che, beffardo, mi mostra una bilancia tatuata sulla schiena e le parole "truth" e "justice" che mi rivelano, in maniera non troppo sottile, che di lì a poco sarò oggetto della sua personale concezione di giustizia.

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