"Questo posto mi fa pensare. Cosa sarebbe meglio, vivere da mostro, o morire da uomo per bene?" - Teddy Daniels(Leonardo Di Caprio).

I criteri di cui ci si può servire per valutare un film possono essere moltissimi: sceneggiatura, regia, interpretazione del cast, fotografia, scenografia. Ma ciò che probabilmente non andrebbe mai tralasciato nella valutazione di un film è la capacità di lasciare qualcosa nel momento in cui finisce, nel momento in cui i titoli di coda cominciano a riempire lo schermo. All'ultima fatica di Martin Scorsese, Shutter Island, questa capacità non manca.

"Shutter Island" è un film in grado, una volta finito, di tenere fuori dal cinema a discutere, su quello che si è appena visto per almeno venti minuti.In realtà la sceneggiatura non è delle più originali, e anche il colpo di scena potrebbe in un certo senso definirsi scontato.

La storia racconta di Teddy Daniels, agente del FBI che insieme a Chuck Aule viene inviato a Shutter Island per indagare sulla scomparsa della paziente del manicomio Ashecliffe Rachel Solando, infanticida a quanto pare sparita senza lasciare traccia. Un uragano prolungherà la permanenza dei due agenti nell'isola, permanenza che alimenterà i sospetti di Daniels sulla gestione dell'istituto, sospetti che lo porteranno alla scoperta di particolari sempre più inquietanti.

Ciò che rende "Shutter Island" un film meritevole di essere visto non è il colpo di scena in sé che va a caratterizzare la sceneggiatura, ma il modo in cui questo colpo di scena interviene su essa: nel momento in cui viene scoperta la "verità"(?), tutto ciò che lo spettatore ha visto si sbriciola, travolgendolo come la pioggia di cenere che travolge il protagonista Teddy Daniels nei suoi ricordi, in una delle scene visivamente più belle degli ultimi anni e della filmografia di Scorsese in assoluto. Infatti il regista italoamericano ci porta davanti ad un thriller cupo, angosciante, claustrofobico, ma non rinuncia ad una certa poesia, attingendo dalla tradizione gotica, soprattutto nella gestione delle scenografie. Leonardo Di Caprio interpreta il man of violence ormai tipico della produzione di Scorsese in maniera magistrale, seppur in alcuni momenti sembra dare l'impressione di ripetersi. Forse però, Teddy Daniels, è un man of violence con qualcosa in più: Daniels non cerca soltanto di rimanere attaccato al proprio mondo in maniera brutale rifugiandosi dal suo passato, ma cerca addirittura di sostituirlo con altre immagini, con altre sensazioni, con altre azioni, atteggiamento che è frutto probabilmente di un forte senso di colpa, che lo porterà a porsi la celebre domanda del finale, citata all'inizio della recensione.

L'indagine che compie nell'isola in cerca dell'omicida potrebbe essere vista come una ricerca di se stesso, un po come quando in "The Departed", film abbastanza recente nella filmografia di Scorsese e di Di Caprio, in cui i protagonisti, le talpe, vengono incaricati di cercare le talpe, se stessi appunto.

Con "Shutter Island" Martin Scorsese ci conduce in un viaggio nell'orrore quotidiano, che spesso si trova dentro di noi, pronto a sorgere e a prendere il sopravvento nel momento in cui la ragione cade in quel sonno che può creare i peggiori mostri.

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