I Wolfgang Press non hanno mai raggiunto veramente la notorietà, nonostante nella loro parabola abbiano colorato e reso sempre più funky la loro musica, complici il primo dei De La Soul e in generale l'uscita dai tenebrosi ottanta. Oggi è tutto secco e Allen, Cox e Grey sono praticamente svaniti. Questo disco invece rimase cinque settimane nelle Uk Indie Charts, cosa che comunque col senno di poi qualcosa vorrà dire. Ma di che sto parlando?

Su delle ipotetiche assi x y questo disco si trova vicino al punto zero, insieme ad altri dischi di gruppi pre Wolfgang Press che lascio a Wikipedia. Vicino al punto zero la pressione è alta, è da poco iniziata la decade, Allen e Cox amano Metal Box, i Birthday Party e i Fall; il disco però si apre e paiono i Suicide: tre note di organo e sbuffi di fiati e altri stralci sonori accolgono ad un certo punto urla soffocate. Il pezzo va in moto all'improvviso con una sgommata di basso che si poteva scrivere solo in quegli anni lì. C'è già una vena pop. Mi esprimo meglio: il pezzo travolge e non ha paura di mostrare il fianco, al contrario dei PIL, ad esempio. Potrebbero a tratti sembrare i fratellini di Marc & The Mambas, e qua ci sto andando pesante coi complimenti.

Da menzione gli inserti sonori del disco: semplici e ripetitivi riff acquistano nuove capacità con le fantasie che il resto della band ci scatena sopra (Isn't Life Nice). Il disco a volte esagera e gonfia a dismisura alcuni pezzi, ad esempio Elephant Talk, che diventano troppo densi, verissimo, ma ricordiamoci che questa è white music e a volte si paga questo prezzo per avere nelle orecchie cose come F.A.H.T.C.F. e la sua batteria diversamente groovy, o i ritornelli tipici del genere installati su una specie di Pop Group lobotomizzato di Cross Purposes. E poi scusate ma zig zag di sax su bassi arrugginiti, impennate di chitarra, tastiere estranee, alla Jarre, piazzate lì come campionamenti di puro sadismo... affanculo le influenze black oggi. I'm not your dinner, faccio schifo, ho le lische e le spine, sono incurabile, ma poi ti piazzo due note, quasi a caso, e questa freddezza che non conosce il levare diventa all'improvviso un guizzare di nervi vetrosi, cresciuti nello smog.

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