Mi soffermerò poco su questo gruppo, tutto nostrano e, purtroppo, tutto power metal con alla voce la classica singer. Singer che, in tutta verità, si dimostra brava e un gran pezzo di gnocca.

Detto questo, potrei anche chiudere qui e farla finita.

E, questo, perché il genere proposto dai Mastercastle altro non è che il solito power metal trito e ritrito che tanto ci ha triturato i maroni all’infinito negli ultimi anni, con tuitti i cliché del genere che non fanno altro che renderlo ancor più trituramaroni del normale.

Il vero problema, sul quale intendo soffermarmi, è che molte webzine (tra le quali eutk.net) o magazine (il solito Rock Hard) ne hanno parlato in maniera entusiasta, quasi fossero la band messia che avrebbe salvato il metal e il power dall’abisso nel quale è precipitato.

Purtroppo troppe fregature ho preso in questo ambito e, dopo essermi fatto un’overdose di thrash metal, ho deciso di soffrire un po’. Anche perché sono un paio di giorni che non vado in bagno e non c’è nulla di meglio che un disco di power metal per regolarizzare il transito intestinale.

Salvando la prestazione di Giorgia Gueglio, la singer, punterei il dito sulla questione songwriting.

Non aspettatevi molto (anzi: non aspettatevi un cazzo) da un disco che ha come opener una song dal titolo “Words And Swords”, alla quale segue “Princess Of Love” e via dicendo. I titoli rendono l’idea: power metal, stampo epico, non troppo sinfonico (e questa è, forse, l’unica cosa buona).

Tentano di essere rocciosi e cattivi ma non ce la fanno e sprofondano del “già sentito” e nel riciclato. Assoli eseguiti perfettamente, tutti “neoclassicismi e distintivo!!!!” e una Giorgia che, come singer, non è niente male ma che, in tutta verità, non offre niente per cui i debba restarne stupito. Una female vocalist tra tante altre power-female vocalist.

Inutile sprecarsi dietro un track by track, non servirebbe a nulla. Così come sarebbe superfluo dire che Pier gonnella (chitarrista davvero molto abile) svolge egregiamente il suo lavoro, assieme al resto della band (Steve Vawamas al basso e la già citata Giorgia). 

Song che brillano di luce propria all’interno del platter costituito da 9 tracce non ve ne sono. Azzarderei a “Greed Blade”, forse per il feeling che Gonnella riesce a trasmettere anche grazie ad un bel solo di chitarra e, perché no, anche grazie alla performance vocale della nostra Giorgia che ha il buon senso, per tutta la durata del disco, di non strafare mai con le sue corde vocali, magari lanciando acuti o cantando in falsetto che la renderebbero ancor più irritante di quanto già non lo sia. Come accade, ad esempio, nella successiva “Down Of Promise”, che risulterebbe, molto probabilmente, la più riuscita del lotto! Song nella quale Giorgia canta davvero bene; song costruita su ottimi riff e melodie ma che, maledizione, viene rovinata dagli acuti stramaledetti che, per convenzione, in ogni cappero di disco di power epic-symphonic & vattelapesca metal devono sempre starci. Come le ballate, che in questo caso si riducono ad una sola, la noiosa “Lullaby Noir”, che ha come unico scopo quello di farti addormentare a tradimento.

Mi spiace spezzare le gambe ad una band nostrana, specie al disco di esordio, ma i Mastercastle non possono puntare tutto su una produzione perfetta e laccata, su song costruite a tavolino per funzionare solo tra il fan “nerd” medio del power.

Vabbè… errori di gioventù? Può darsi. Immaturità? E può darsi pure.

Però, cacchio! Prima di incidere e produrre certe cose bisognerebbe fare una diavolo di “customer satisfaction” tra i consumatori metallari per vedere se ciò sia veramente necessario e se ne valga effettivamente la pena.

E, miseria ladra, non ne vale. Manco mezza.

Conclusione: state lontano dai Mastercastle. 

Si saranno pure impegnati ma il risultato è più inutile che scarso.

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