Matt Elliott: "Failing Songs"

Alzo le mani e mi arrendo, così non è giusto.

Quando ci troviamo a scrivere di un artista immenso, il pericolo di essere banale e scontato è molto alto.

Già, perchè è dal '97, sotto il nome di Third Eye Foundation, che Matt Elliott non smette di stupire e con questa sua terza opera solista ci trasporta in un quadro senza colori di De Chirico, in un film muto degli anni '20, dove la malinconia e l'angoscia pare siano le padrone assolute, anche se la sua creatività e dolcezza, tra canti di uccellini e temporali improvvisi, riempie ugualmente il cuore di serenità.

"Failing Songs" è un magico viaggio nel nostro Mediterraneo, tra il sole della Grecia, l'atmosfera dei paesi slavi ed i profumi della penisola Iberica, a metà strada tra le sonorità di Jeremy Barnes (A Hack And A Hacksaw e Neutral Milk Hotel) e quelle di Zach Condon (Beirut), ma più cupe, dilatate e soprattutto epiche.
Il tango della title-track, la strabordante "Planting Seeds" (ballata per chitarra e violino), l'orchestrale "Desamparado", l'intensa "Broken Bones", la oscura "Lone Gunman Required", la dolcissima strumentale "The Ghost Of Maria Callas" (chitarra e canto di uccellini), fanno parte di 12 opere geniali, tra fisarmoniche, tappeti d'archi, trombe e cori, dove chitarra e testi antimilitaristi ne sono comunque il filo conduttore.

Se il precedente "Drinking Songs" vi aveva stordito, questo (che è la seconda parte di una trilogia) vi farà cadere a terra, ma appena vi rialzerete noterete che i colori grigi e cupi non ci sono più, gli arbusti secchi si sono trasformati in alberi rigogliosi e quella terra arsa e polverosa che vi entrava nei polmoni è adesso un tappeto erboso.

Un grandissimo cantautore.

Saluti, Addison.

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