Un discreto cuoco è al lavoro e con gli elementi che ha a portata di mano cerca di offrire ai propri avventori un piatto che esprima al meglio le sue capacità culinarie. Un piatto solido, per nulla rivoluzionario e distante qualche galassia dalla "nouvelle cuisine" fatta di gelatine, contrasti raffinati e matrimoni apparentemente estremi ed improbabili tra ingredienti. Il cuoco, quindi, si affida alla tradizione e vuole  sfiorare la perfezione cimentandosi in un piatto tipico, corposo e dal sapore deciso, capace di incarnare la personalità chiusa e riservata degli abitanti del posto. Un secondo che meriti l'incontro con un buon bicchiere di vino per l’estasi nel palato, prima della caduta nell’esofago.

Il più è fatto quando, prima di impiattare, si passa una manica del camice sulla fronte imperlata di sudore. E’ a questo punto che, senza nessun motivo apparente, se non la pazzia, decide di spalmare del caramello che non c’entra un beneamato cazzo. Quello strato dolcissimo non può cancellare totalmente la buona cottura della carne e la bontà del contorno, ma può rovinare irrimediabilmente un piatto che avrebbe fatto la sua porca figura.

Il problema maggiore consta nel fatto che Matteo Oleotto, il regista, ci ha messo impegno e tempo per costruire un’impalcatura convincente alla storia complessivamente drammatica che ci ha voluto raccontare. La triste figura di Paolo, ben interpretata da Battiston, è tipica dei paesi di montagna dai quali provengo; ne ho conosciuti diversi di quaratenni divorati dalla solitudine e dall’abuso di alcolici. I dieci minuti conclusivi di “Zoran il mio nipote scemo”, che con un colpo di reni cancellano i problemi per magia in un tempo ridicolo sono totalmente avulsi dalla realtà e, soprattutto, da quanto era stato raccontato con cura e bravura dagli attori e dal regista in precedenza. Il tono del lavoro è drammatico per cento minuti e si trasforma in favola negli ultimi dieci. E’ questo il motivo per il quale questo finale, sceso dalla Luna, lo trovo una mancanza di testicoli capace di rovinare un buon film, trasformandolo in una discreta commediola stereotipata e senza mordente come mille altre del cinema italiano degli ultimi anni.

La cosa assurda è che il finale giusto Oleotto lo aveva già girato.

2 stelle e mezzo

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