Già…Che te ne fai di un titolo? E che cos’è un titolo?

Secondo il dizionario on-line che consulto abitualmente il titolo è “il nome, la breve frase, anche di fantasia, con cui si indicano l’argomento, il soggetto di uno scritto, di un testo, di un’opera d’arte…”.

"CCTNFDUT" è un disco lugubre. Non è tanto il tono del disco, che peraltro è ben lontano dall’apparire leggero e accomodante, quanto la scelta del trio lombardo di avvicinarsi a una serie di tematiche complesse evidenziandone crudeltà e asprezza, senza dar spazio a minime possibilità di rinascita. Il brano iniziale, “Non siamo mai stati sulla luna”, ha i crismi della rinuncia, con quel “ci hanno mentito” che ha il sapore dell’impotente giustificazione di fronte all’inconsistenza delle stelle, del mondo, della vita esangue.

E intorno alla deriva c’è il silenzio. Il famoso sonno della ragione, direbbe qualcuno. “L’uomo che non dorme mai” chiede con triste rassegnazione al mondo esterno “come fate a dormire?”, ma la risposta non arriva. Egli non è che un “angelo ignorato”. Un corpo la cui voce è offuscata dai “proiettili vaganti”. Arriviamo al terzo brano, e ci aspetteremmo un barlume di ottimismo… Puntualmente veniamo smentiti, ma è una piacevole smentita quella che ci regalano i Mercanti.
Una commistione di orgoglio e disillusione pervade il racconto del protagonista del brano che rappresenta, per chi scrive, una delle vette del disco. Ascoltate fidati: “…e mai ci rassegnammo alla tristezza, che ridere non è mostrare i denti ma accorgersi che esiste la bellezza…”. La bellezza può essere una condanna, ma vale la pena rischiare. L’ultimo verso in questo senso è emblematico: “…sarà altrettanto facile inciampare, succede a chi cammina e guarda il cielo”.

Il walzer della “Semi-automatica” ci accompagna in un mondo felliniano di ladruncoli, puttane e riviere romagnole. Ne “L’Italia” fanno capolino pelata di Paolini e strizzatone d’occhio al teatro-canzone. Ma dietro le ridenti scelte musicali, le ombre di incubi metropolitani ed esistenziali sono più vive e più nere che mai. Nella “Moglie Brontolona” è Piero Ciampi che viene invocato. Come in una seduta spiritica, il livornese risponde all’appello e il brano, incredibilmente, pare pescato proprio dalla sua discografia. Eccolo il nostro: “…Sono il re del tresette e ho la mano pesante e ho lasciato l’impronta del mio anello su un sacco di gente…”. E già, il Ciampi del “Confiteor” è questo lazzarone qua. Bentrovato.

Gli ultimi brani parlano dell’arbitrio umano, per quanto questa parola possa ancora significare. Se nella “Chiesa di Bellusco” la scelta del comandante delle SS è di graziare i deboli italiani radunati in preghiera, in “Huntsville” l’indifferenza del ranger texano nell’infliggere la pena capitale ai condannati è manifesta. E inarrestabile è il suo procedere.

Si chiude un disco duro e determinato. Digrignando i denti. Si chiude con la triste sensazione che non tutti i protagonisti di "CCTNFDUT" siano “figli e vittime di questo mondo”. Sembra piuttosto che il mondo attuale, così rozzo e spietato, sia stato generato da coloro che troppo a lungo sono stati considerati agnelli. Artefici, colpevoli. Ecco quello che siamo.

Ma che te ne fai di un titolo se hai già detto tutto? Già, che te ne fai…

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