Libere associazioni di idee, oggetti che volano sconnessi.
Pensieri che ricorrono ma non si susseguono, qui la musica occupa lo spazio, non il tempo.
Psichedelia anarchica che fugge via su una pellicola da trentacinque millimetri. Non serve cercare un senso perché un senso non c'è. Emozioni, palpitazioni che fluttuano nell'aria, scariche elettriche dolorosissime, c'è un che di maestoso e bambinesco in questo film chiamato Tette, surreale e comprensibile, concreto e sfuggente, illogico. È un'opera impersonale, morbosamente piena di sé, imbarazzante.
Provo vergogna nell'immedesimarmi in questa musica, eppure fa parte di me.
I suoni e i concetti sono distorti e avvolti in una nebbia radioattiva. Le sensazioni sono dilatate ed amplificate, il contrasto cromatico è al massimo. Le sforbiciate abrasive delle chitarre di Donahue e Grasshopper sono gettate nel fango dal flauto di Thorpe. I rumori più cattivi sono anche quelli più infantili, succhiano il latte dalle mammelle. I coretti da asilo nido e i carillon di sottofondo assumono un aspetto minaccioso, ingombrante. Il sentimentalismo schizoide di Yerself Is Steam è qui portato ad estrema conseguenza, il risultato è un diamante grezzo, un universo di suoni imperfetto.
Tutto è eccessivo:
C'è solo una cosa, in Boces, che penso avremmo dovuto estendere maggiormente.
(parole e pensieri ispirati dalle incomprensibili note del libretto)
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