Correva l'anno 1982 quando irrompono sulla scena metal mondiale, direttamente dalla Danimarca (qualcuno avrebbe mai scommesso un soldo all'epoca su questa terra?), i grandissimi Mercyful Fate col loro primo EP, scioccando tutti.

La formazione vedeva i due ex componenti dei Brats (band punk-rock che aveva già ricevuto un po' di notorietà in patria) Hank Sherman e Michael Denner, il bassista Timi Grabber, il batterista Kim Ruzz e il misterioso cantante King Diamond, con un make-up facciale debitore di Kiss e Alice Cooper. Ciò che osarono più di tutti gli altri i Mercyful Fate, fu l'affrontare temi satanici in modo così esplicito come mai prima d'ora e nello schierarsi apertamente dalla parte delle tenebre!

Musicalmente questa prima prova è ancora acerba. Lo stile del gruppo, ricco di riffs taglienti e cambi di tempo, è già caratteristico, ma ancora troppo debitore dell'hard-rock e dei Judas Priest. Apre le danze "Doomed by the living dead". La cosa che più sorprende a un primo ascolto è la voce di King, diversissima da quella solita (che sia la sua "vera" voce?), a cui si accostano i suoi storici falsetti. La canzone scorre velocemente, sia nelle parti veloci che in quelle più cadenzate e raggiunge il culmine quando King esclama: "So just say goodbye to all your fucking angels!!!". Segue "A Corpse Without Soul", uno dei vertici assoluti della carriera dei MF, accanto a "Satan's Fall" e "The Oath". Dopo il lungo assolo iniziale e il riff portante, ascoltiamo i vocalizzi quasi da invasato di King: "Listen, I'm a corpse, I'm a corpse, I'm a corpse without soul. Segue una parte più lenta, quasi da incubo, in cui King racconta la sua "disavventura" nel cimitero, e altri assoli, uno più veloce e appagante dell'altro, prima di quello che considero l'urlo più inumano ed estremo mai tentato da King.

La title-track, introdotta dalla batteria, è un mid-tempo malsano e solido, in cui il basso, invece di seguire le chitarre, crea riffs autonomamente. Il testo è qualcosa di scandaloso: diciamo che King descrive cosa farebbe se si trovasse una suora sotto le mani... Chiude "Devil Eyes", forse il brano meno ispirato, una vera e propria palestra vocale per King.

In conclusione un EP non propriamente imprescindibile, ma una grande prova da parte di una grandissima band.

VOTO = 7.5

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