Son tempi che su DeBaser fioccano dediche nemmanco fosse Radio Latte E Miele, per cui seguo pacatamente la corrente e dedico questa a Genital Grinder, talmente ignorante da metterci la mano sul fuoco che i Metal Urbain suonano heavy metal, e Lector, che non è in grado di distinguere la copertina di «Rocket To Russia» da quella di «Road To Ruin», e comunque perché ogni volta che li incrocio mi ribaltano dalle pazze risate ed è una gran cosa.

E comunque no, i Metal Urbain non sono un'altra banda che ammorba questo mondo con growl belluini; suonerebbero punk, se non fosse che nessun essere dotato di raziocinio potrebbe mai includere nella stessa categoria loro ed i Sex Pistols.

Foste acculturati della materia – non solo i due summenzionati, ma voi tutti che bazzicate questo sito desolato – me la caverei con un impegnativo parallelo tra Metal Urbain e Screamers, ma se voi conoscete gli Screamers io sono Babbo Natale ed ho la slitta in garage e le renne a brucare l'erba in giardino.

Proprio grazie agli Screamers, infatti, sono approdato ai Metal Urbain.

Come arrivo agli Screamers poi è tutt'altra storia e mi porta alla signora Laura Du Plenty in Claudio Sorge ed al sapientone sborone facente parte della setta rock'n'roll che mi onoro di partecipare – c'è n'è sempre uno, immancabilmente – che un giorno mi prende da parte e mi spiffera in gran segreto che no, quello non è il cognome della signora ma un appellativo adottato in onore di Tomata Du Plenty che degli Screamers è la voce.

Personalmente, gli Screamers li ho sempre vissuti come un culto misterico, perché, hey, loro sono «The best unrecorded rock'n'roll band» a detta di Jello Biafra, e per anni ed anni vado avanti a chiedermi come faccia a conoscerli lo sborone se non hanno mai inciso niente di niente; ed ogni volta che gli chiedo di farmeli sentire, lui fa il vago, cambia discorso e si allontana per un appuntamento improcrastinabile.

E però, quando magnifica le sorti degli Screamers, immancabilmente mi tira fuori sempre e solo un nome: «Ehhhhh, ma se ti piacciono gli Screamers, non puoi non conoscere i Metal Urbain».

Che ne so, non li ho mai sentiti gli Screamers, figurati se conosco i Metal Urbain: come al solito, lo imploro di farmi sentire qualcosa e lui ha un appuntamento tra cinque minuti, per cui ciao bello.

Ragazzi, siamo a fine anni Ottanta e, pari pari ai Nerves, nemmeno stavolta ci stanno gugol e uichipedia a darmi una mano a colmare la mia abissale e proverbiale ignoranza.

Ma questa volta di tempo ce ne vuole davvero un botto, perché anche nei primi anni di internet non è che sulla rete si trovi gran che dei Metal Urbain e mi tocca aspettare addirittura il 2004 quando esce la splendida raccolta «Anarchy In Paris!» per ascoltare per la prima volta dopo quasi vent'anni che accidenti di musica suonano i Metal Urbain.

Un po' di storia, innanzitutto …

In primis, i Metal Urbain sono francesi, di Parigi, e già questo mi sconvolge assai, perché fino ad allora per me il punk è robba di Inghilterra e Stati Uniti, e Mont De Marsan nemmeno esiste sulla cartina geografica e gente come Marc Zermati e Jean Luc Stote mi è familiare al pari della fregata magnifica delle Galapagos; ed in quanto francesi, cantano pure in francese, e quanto è bello sentire il cantato punk in una lingua che non sia l'inglese, tanto che sono sicuro che sia quello il momento in cui perdo la testa per le bande punk che cantano in spagnolo, iugoslavo, svedese ed amenità del genere. Perché se il punk è contatto diretto ed immediatezza, allora è molto più semplice interpretare cosa ti sta urlando un cuggino d'oltralpe piuttosto che un vaccaro d'oltreoceano; e poi si sa che il francese è facile, è come l'italiano e basta mettere l'accento sempre sull'ultima letterà, proprio così.

All'inizio sono Clode Panik alla voce, Rikky Darling alla chitarra ed Eric Debris e Zip Zinc ai sintetizzatori; sì avete letto bene, niente basso né batteria ma sintetizzatori in vece.

Ad una certa, Rikky Darling abbandona, ma gli altri non lasciano, anzi raddoppiano e per sostituire il chitarrista arrivano in due, Hermann Schwartz e Pat Luger.

Siamo nel 1977 e con questa formazione i Metal Urbain arrivano a mettere su vinile il loro primo lavoro, lo strepitoso singolo «Panik / Lady Coca Cola».

«Panik», in particolare, assurge da subito al rango di classico del punk, oscuro fin quanto si vuole, ma classico senza ombra di dubbio. E se trovate arduo immaginare un sintetizzatore nella classica strumentazione punk, vi capisco perché sono le mie stesse perplessità quando per la prima volta infilo nel lettore il cd «Anarchy In Paris!»; ma quando partono le prime note non c'è tempo per nessuna vacua filosofia, spazzata via dal riff pesantissimo delle due chitarre e poi subito il sintetizzatore, quel sintetizzatore che ti trapana le cervella e pure le budella, peggio di quelle due chitarre che continuano a martellare in modo incessante, e sopra tutto si erge quella voce che sbraita di una città aggredita, violata e distrutta, paniko, metallo ed anarchia.

In assoluto, uno dei brani punk più violenti che abbia mai ascoltato, e l'anarchia cantata a Londra appare un fuoco di paglia di fronte all'incendio appiccato da questi quattro teppisti parigini; e pure se pensate che «Anarchy In The U.K.» sia la robba più trasgressiva che sia finita impressa su di un pezzo di vinile, ascoltatevi la loro versione, coerentemente ribattezzata «Anarchie En France» e poi se ne riparla.

Sul lato b, «Lady Coca Cola»: ritmi decisamente rallentati ma se possibile più disturbanti, perché qui scompare qualsiasi traccia di una linea melodica, le chitarre non intrecciano riffs ma qualcosa di molto simile ad un rumore senza capo né coda e sempre quel sintetizzatore che batte il tempo lento lento e sembra quella macchina ospedaliera sul punto di cessare la trasmissione di ogni segnale di vita. Altro brano killer, certo meno immediato e devastante di quanto non sia «Panik», però anche questo un posto nella piccola storia di quella musica fantastica che mi ostino a definire punk un posticino se lo meriterebbe tutto.

Fanno poco altro, in vita, i Metal Urbain.

Un secondo singolo, «Paris Maquis / Cle De Contact», ancora di eccezionale valore nonché il primo licenziato dalla storica etichetta Rought Trade, ed un terzo, «Hysterie Connective / Pas Poubelle», appena inferiore.

Poi, è il 1978 ed è già il tempo di scrivere la parola fine ad una storia straordinaria.

È passato nemmeno un anno dall'esordio e tanto materiale rimane nel cassetto per decenni, fin quando nel 2003 la raccolta «Chef D'Oeuvre» e nel 2004 la consorella «Anarchy In Paris», più striminzita – ma pur sempre 24 brani – tutto quel ben di Dio lo portano alla luce.

Una banda semplicemente grandiosa, i Metal Urbain, nient'altro da scriverci sopra.

E se vi servono punti di riferimento, Stooges, Sex Pistols, Suicide, tutto mischiato insieme … oltre ai grandiosi Screamers, ovvio.

Carico i commenti... con calma