Questo che sto per descrivervi è, a mio giudizio, l'ultimo album bello dei Metallica. Il caro Cliff Burton (R.I.P.) è morto da un pezzo, ma la band californiana ci regala davvero un bel disco, apportando però un cambiamento di sound, che prima era più ferreo, adesso più dolce, con testi più riflessivi. Forse è per questo che poi hanno raccolto mano mano un pubblico sempre più vasto, per la felicità di quella vecchia volpe di Bob Rock, nuovo produttore per il gruppo. Ma adesso vorrei parlarvi dei pezzi che hanno colpito me e credo milioni di fan dei 'Tallica.

Partiamo con "Enter Sandman", una canzone apparentemente "innocente", con un giro di basso iniziale che sprigiona una tranquillità falsata. Infatti dopo circa 10 secondi si scatena l'inferno: le chitarre di Heidfeld e Hurlich iniziano a mordere il freno dell'inattività e si fanno sentire sempre più cattive, quasi fossero dei cani inferociti che non mangiano da un mese. Intanto l'ascoltatore è assorbito da questo macello e può pensare tra sè e sè: "Ecco, sta arrivando l'uomo della sabbia (sandman), mi sta rendendo schiavo di questa musica" fino ad arrivare alla vetrosa voce di James che lo rende obbligato ad agitarsi come un forsennato e quasi ad uccidersi per l'adrenalina che dà questo capolavoro metal.
Un'altra canzone che merita di essere mensionata è "The Unforgiven", che parte con una melodia soave, quasi commovente, per poi sfociare in un sano Metal. Quando meno te lo aspetti, la voce di J.H. si fa dolce e tu, involontariamente ti fai trasportare cantando a squarciagola e piangendo. Perchè sì, questa è una song per cui vale davvero la pena emettere lacrime. Ma non è finita qui: improvvisamente c'è uno sfogo di chitarre elettriche che fanno chissaquali scale, da mettere i brividi.
"Musica dei quartieri gialli" direi io. Ma alla fine si ritorna alla dolcezza un po' incazzosa.
Subito dopo chiunque potrebbe pensare: ma il nostro gruppo è andato a fare una visitina nel deserto? In un certo senso sì, perchè "Wherever I May Roam" emana un bel po' di oriente e di rabbia, che non fa mai male. Ascoltando questo bel pezzo quasi quasi viene voglia di correre e d'urlare. Fantastica.
Sono arrivato al pezzo più significativo, "Nothing Else Matters". In primis sembra che Heit stia suonando l'arpa, non la chitarrona. Poi si capisce che più o meno questo pezzo sarà velato di un'inaspettata dolcezza e riflessione. Più o meno perchè dopo circa due-tre minuti arriva l'assolo di chitarra, devastante, così bello e puro che ti fa pensare che sei inutile, che non hai mai fatto niente in vita tua e che però sei perdonato con questo nobile ascolto.
L'ultima canzone di cui vorrei dire due cose è "Of Wolf And Man". Infatti di essa mi ha colpito molto il ritmo martellante e incessante, come ai cari vecchi tempi.

Queste sono le canzoni che mi hanno colpito di più e aiutato nei momenti difficili.
Detto questo, vi saluto con affetto e spero non vi siate annoiati troppo.

Carico i commenti... con calma