C’è ancora qualcosa da affinare nel recente debutto, downlodabile liberamente sul loro bandcamp, dei quattro giovani meneghini Miavagadilania, ciò non toglie che nel complesso ci si trovi innanzi un lavoro degno di (moderata) attenzione.

Costruito sulla sacrosanta quatri-murti basso/chitarra/voce/batteria, il disco si muove tra mutevoli et umbratili tessiture (sad)rock approvvigionate da gradevoli e perlopiù emaciate linee vocali, enunziate in forbito italiano.

Le dieci tracce si sorreggono su ampi excursus strumentali tra atmosfere nebulosamente rarefatte (“Nau”) e toni più nerboruti et pulsanti (“E’ vero”, “Demoni”) giungendo episodicamente su lande vagamente lagna-rock (“Fili rossi”).

Per dare qualche nomenklativo riferimento: oscillano tra i primordiali Marlene Kuntz e gli incastri chitarristici dei Blonde Redhead pre-senescenza, sviluppando le proprie brumose trame in maniera (moderatamente) personale fino a giungere, in certuni episodi (“Solo come addio”) a momenti vagamente post-Fugaziani: Shudder To Think ma anche certi Chokebore non sono poi così distanti.

In chiaroscurale bilico, ma pur sempre fuori, dal cono d’ombra dell’ovattato limbo costituito dal rock indie-pendente italico.

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