Ognuno ha le proprie parafilie: c’è chi almeno una volta a settimana prova l’irrefrenabile impulso di sgusciare e trangugiare un chilo di pistacchi salati, c’è chi ama fornicare con le marmitte delle automobili, c’è persino chi non può vivere senza i Led Zeppelin. Quanto a me, nulla è in grado di deliziarmi il palato quanto la muffetta finemente odorosa che promana da ogni English Old Fashioned Movie che sia davvero tale.

E qui parliamo non certo di un frugale pranzo a base di club sandwich, ma di un opulento pranzo di gala con camerieri in livrea e venticinque portate, dal consommé di castrato all’ananasso tagliato a forma di cigno.


Primissimi anni del Novecento. Berlino, Gymnasium militare, 7 del mattino.

Un beffardo colonnello inglese e un serioso ufficiale tedesco si sfidano con tutti i crismi a duello. Assistiamo all’intera cerimoniosa etichetta prevista in casi come questo, ma al rumoreggiare delle sciabole la macchina da presa sale, con movimento ininterrotto, dapprima all’altezza delle travi del tetto e poi a volo d’uccello fuori della palestra, nell’aria nevosa di quel mattino ancora scuro; per poi ridiscendere al di fuori del perimetro dell’edificio, concludendo la propria parabola sulla finestrella ghiacciata di una carrozza che indugia di fronte al cancello. Al suo interno una donna in trepidante attesa sbrina il vetro con la mano.

(Tutto il cinema di Powell & Pressburger si può dire compendiato in questo savoir-faire della cinepresa.)

È il 1943, dentro al film e fuori. Da qualche settimana l’assideramento delle truppe tedesche nell’indigesto assedio di Stalingrado ha aperto un piccolo spiraglio nell’indissolubilità nazista, lasciando forse presagire una fine prossima della guerra. In questa Europa bombardata viene proiettato, non senza il disfavore di Winston Churchill, The Life and Death of Colonel Blimp.

A Londra, un giovine e impudente luogotenente facciadaschiaffi fa irruzione nei bagni turchi della città con al seguito un manipolo di soldati, mandando in frantumi a sua insaputa l’intera Weltanschauung del vecchio Generale Clive Wynne-Candy. Quest’ultimo, stizzito, rubizzo, tricheco-baffuto, ignudo e madido di sudore, trascina per il bavero il luogotenente facciadaschiaffi nella vasca fumante del bagno turco, cacciandogli il grugno sott’acqua. Un balzo all’indietro di quarant’anni —al riecheggiare fatato di forty years ago… forty years ago…— mette in moto la magica giostra della narrazione. Evidentemente, qualche furbone deve aver letto poco le Mille e una notte ed ha pensato bene, nella versione italiana, di tagliare tutto il preambolo con la scusa dell’eccessiva lungaggine, decapitando di netto quello che è il senso stesso del film. Difatti, nei centocinquanta minuti che seguiranno, la figura arcigna del vecchio Generale acquisterà quello spessore che solo un Bildungsroman su pellicola come questo, con la paziente compiacenza dello spettatore, è in grado di squadernarci di fronte.

Ma procediamo con ordine.

Tutto ha inizio col personaggio del Colonnello Blimp, che la mano e la testa del vignettista satirico David Low hanno reso, nell’Inghilterra degli anni del secondo conflitto mondiale, talmente celebre da insediarsi persino nel parlare comune. Un Colonel Blimp è un pasciuto omone pomposo, irascibile e reazionario, che sputa sentenze dal tepore del suo caro bagno turco, decidendo della vita e della morte di interi battaglioni di soldati inglesi. Il Colonnello Blimp è Wynne-Candy. O, almeno, così Powell & Pressburger si divertono a farci credere all’inizio.

Quant’altri mai, l’inglese Michael Powell e l’ungherese Imre József Pressburger concepirono, con questo loro primo lungometraggio, un film come una suite sinfonica, ove ogni parte viene ad acquistare il proprio senso nell’ordine ed in vista dell’intero, o come un formicolante affresco vivente. Il tutto, certo, può e deve apparirci irreale e persino posticcio, a tratti. Ma chi dice che l’arte deve essere a tutti i costi imitatio naturae?

Eravamo rimasti al flashback. Il Generale Wynne-Candy, che lo spettatore d’allora non poteva che identificare sin da subito col Colonel Blimp che dà il titolo al film, esclamava contro il giovane luogotenente facciadaschiaffi qualcosa come: you laugh at me, but how do you know what sort of a fellow I was when I was as young as you, forty years ago?

Ora è il 1903 e vediamo all’altro capo della vasca di quello stesso bagno turco un giovane e impudente luogotenente, Clive “Sweet” Candy. Per via della sua irruenza e dabbenaggine, si trova a dover sfidare a duello un militare tedesco a lui sconosciuto, Theo Kretschmar-Schuldorf, che fa le veci dell’intero esercito da lui oltraggiato al Cafè Hohenzollern.

I successivi quarant’anni di vita del luogotenente inglese, che ci sfilano davanti con rara grazia ed acume, ruotano attorno all’altalenante amicizia di Sweet Candy con l’ufficiale tedesco —fatto questo che non poteva certo lasciare indifferente Churchill: questo costò infatti alla The Archers, la casa di produzione di Powell & Pressburger, delle belle lavate di capo e la sospensione dello stanziamento dei fondi statali per il cinema— e, quasi come un basso continuo, sull’ossessione del generale inglese per una donna, Deborah Kerr, di volta in volta incarnata in una gentildonna inglese di stanza a Berlino, in una crocerossina incontrata una notte in un convento francese, in una autista militare. Prima: una parata di coloratissimi caffé, teatri, lussuosi hotel e ambasciate, poi: la grigia e fangosa trincea della guerra del Quattordici-Diciotto, poi ancora: la Londra della fine degli anni Trenta, plumbea e schiacciata da un peso opprimente.

Con in mano questa trama e quest’ordito i due sapienti artigiani dell’irrealtà intessono, alleggerendo il tutto con quel sense of humor così tipicamente inglese e con espedienti narrativi tanto classici quanto azzeccati, un arazzo dal sapore amaro e insieme festoso. Come una giostra di paese sul finire dell’estate.

Così, quel che all'inizio sembrava netto ed evidente si è rivelato invece sfumato e complesso, come ogni cosa vista per intero: l’arcigno Generale Wynne-Candy non pare poi così arcigno, né il giovane e impudente luogotenente così facciadaschiaffi, in fondo.

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