Alcuni film sono "invisibili": i multisala non li proiettano. I cinema sotto casa non esistono più... Persino i cineforum, almeno quelli che resistono, li snobbano. Trasmetterli in Tv? Naaaaa.... Ecco allora che questi piccoli ma importantissimi film hanno bisogno di una cornice adeguata... Per esempio il Festivaletteratura di Mantova, rassegna all'interno della quale mi è capitato di vedere "Les prisionniers de Beckett" di Michka Saäl . Credo che nessuno di voi l'abbia visto, né lo vedrà in futuro, così ho pensato di raccontare, a chi ha voglia di leggerla, la storia vera che narra...

Jan Jonson è un attore teatrale svedese. Una sera del 1985, dopo la rappresentazione di un certo dramma, in un qualche teatro di una qualsivoglia città svedese, ricevette la visita di un signore di mezza età di nome Lennart Wilson. Wilson si presentò, si complimentò, disse quanto si era commosso assistendo allo spettacolo e gli fece una proposta che sembrava un ingiunzione: "Lei deve portare i suoi attori, la sua scenografia, il suo dramma insomma, nel carcere che dirigo, il carcere di Kumla...".

Jan sulle prime rimase sconcertato, ma poi accettò. Wilson è persona alla buona... In una delle scene più divertenti di "Le prisionniers...", si vede quest'uomo calvo e bonario impegnato in un'appassionata interpretazione di "My Way" con tanto di microfono e base registrata... Ma portare baracca e burattini all'interno di Kumla si rivelò impresa assai ardua, così Jan disse: "Senti, Len... lasciamo perdere... Ho pensato di leggere ai tuoi ragazzi un testo a me caro: "Waiting for Godot" di S. Beckett."

Non era la prima volta che "Waiting for Godot" affascinava gli ospiti di un carcere. Nel 1957, quell'opera venne rappresentata a St Quentin e i detenuti se ne innamorarono letteralmente. Quasi trent'anni più tardi lo strano evento si ripetè a Kumla. Mentre Jan leggeva il testo, Zoran, un ragazzo poco più che ventenne, saltò su urlando: "MA QUESTO NON E' UN DRAMMA!!! QUESTO E' IL MIO FOTTUTO DIARIO!!!".

Ora, non c'è bisogno di conoscere l'opera di Beckett per immaginare come dev'essere la vita di un carcerato. Ogni giorno uguale all'altro, come i due atti di "Waiting...". Wilson pensò allora di alleviare le sofferenze e la noia di almeno cinque (tanti sono i personaggi della piece) elementi della popolazione di Kumla, facendo loro rappresentare il testo in questione sotto la direzione di Jan Jonson. "Le prisionnier de Beckett" segue le vicende di tre di loro: Zoran che interpretò Vladimiro, Misha che diede volto e voce a Lucky e un terzo di cui non si fa il nome, impegnato nel ruolo di Estragone. Ad accompagnare le gesta di questi attori improvvisati, alcune straordinarie canzoni di Bob Dylan...

Michka Saäl ci mostra le immagini delle prove: Vladimiro che si toglie uno stivale e ci guarda dentro, Estragone che si toglie il cappello e ci guarda dentro, Lucky fermo al centro del palco con una corda intorno al collo e Didi e Gogo che lo analizzano come fosse uno strano fenomeno della natura... Le prove durarono un mese, compresi i sabati e le domeniche. Zoran e gli altri ricominciarono a provare ciò che era stato tolto loro qualche tempo prima. Il divertimento e lo spirito di gruppo...

Alla fine delle prove ci fù il test più importante: il pubblico. Alla rappresentazione assistitette anche la madre di Misha, venuta apposta dalla Georgia. Misha le aveva scritto una lettera nella quale raccontava di essere diventato un attore vero... La madre non sapeva nulla dei crimini commessi dal figlio... "Tanto non verrà" diceva Misha... E invece lei si presentò. Venne dalla stazione carica di borse contenenti bottiglie di Vodka. E si divertì molto (non a causa della Vodka...). Si divertì anche il resto del pubblico. Pure le critiche sui giornali furono molto positive...

Il successo fù tale che a quella "prima" seguì una tourneè. Jonson e Wilson portarono Zoran, Misha e gli altri in giro per la Svezia con un autobus, come fossero gitanti o dopolavoristi... Ognuno di quei pochi spettacoli attirò gente... La notizia si era propagata e l'accoglienza che gli svedesi riservavano a quei giovani galeotti era ovunque calorosa. Gli "attori", quando arrivavano in una città, stavano sotto scorta ma grazie alla popolarità e alla buona condotta, riuscirono a ottenere qualche attimo di libertà. Misha una volta chiese e ottenne di potersi recare solo soletto dalla pedicure... Tanta disponibilità fù ricambiata con la correttezza. Misha si presentò in perfetto orario, pronto per andare in scena...

Ma da queste concessioni alla voglia di una libertà senza limiti il passo è breve... Successe a Goteborg. Jan Jonson dovette dire a una platea stracolma di gente che per quella sera non ci sarebbe stato alcuno spettacolo... "Non è che siamo scappati." ci racconta Zoran vent'anni dopo. "Abbiamo camminato. La porta era aperta... Mi è dispiaciuto per Jan... dovevamo fuggire dopo la rappresentazione..."

Epilogo N° 1: Zoran stette fuori due anni. All'euforia iniziale, presto fece posto la frustrazione. Non era capace di mantenersi onestamente. Allora si costituì. Ha scontato il resto della detenzione e ora è un cittadino modello. Il carcerato senza nome che interpretò Estragone è tuttora latitante. Vive sotto falso nome e nel film non gli si vede mai la faccia... Spera un giorno di poter vivere alla luce del sole... Misha purtroppo è deceduto. Non sappiamo come, non sappiamo quando e forse è meglio così... In una scena molto toccante del film, Jan Jonson depone un fiore sulla sua tomba... Lennart Wilson ripensando alla vicenda di quei tre manigoldi non riusciva a togliersi di faccia un sorriso accondiscendente...

Epilogo N° 2: Samuel Beckett apprese l'intera faccenda dai giornali. Contattò Jan Jonson e gli chiese d'incontrarlo a Parigi. Jan si presentò all'appuntamento emozionato come un bambino. Beckett gli fece poche, significative domande: La prima: "Che è successo alla mia piece dopo che tu l'hai portata a coloro che vivono nell'oscurità?". Silenzio imbarazzato di Jonson...

"Alla mia pièce non poteva capitare niente di meglio..."

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