Miles Davis fu assente dalla scena musicale per tutta la seconda metà degli anni '70 e la Columbia, com'è ovvio, pubblicava raccolte su raccolte di "unreleased recordings", tra cui questo Circle In The Round (1979), contenente registrazioni che vanno dal 1955 al 1970. Non essendoci un progetto omogeneo, ritengo opportuno analizzare il disco track-by-track.

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1. "Two Bass Hit" (1955); Davis (trumpet), Coltrane (tenor sax), Garland (piano), Chambers (bass), Jones (drums)

Versione precedente di 3 anni quella pubblicata su "Milestones". Scritta da John Lewis e Dizzy Gillespie, è uno dei pochi esempi (l'unico? non ricordo) in cui troviamo il primo grande quintetto alle prese con residuati di arrangiamenti orchestrali (la tromba che fa il controcanto all'assolo di sax). Scelta da Miles come showcase per Coltrane, che è qui l'unico solista, a differenza della più lunga versione del '58 in cui dividerà la scena con Cannonball Adderley.

 

2. "Love For Sale" (1958); Davis (trumpet), Coltrane (tenor sax), Adderley (alto sax), Evans (piano), Chambers (bass), Cobb (drums)

Già edita nel disco/raccolta "1958 Miles", è questa una versione eccezionale di un brano eccezionale. Il gruppo fa propria una composizione celeberrima, la adatta alla propria sensibilità. Curioso sentire Bill Evans, nella risposta alla tromba tipica del tema, usare i block chords (accordi stoppati), con un approccio quindi molto più vicino a quello di Garland che al suo. Miles in gran risalto, così come Coltrane e (soprattutto) Cannonball, lodati spesse volte più per gli originali che per le interpretazioni degli standard che comunque hanno sempre dimostrato di saper suonare ("My Favourite Things" di Trane ne è la prova).

 

3. "Blues No.2" (1961); Davis (trumpet) Mobley (tenor sax), Kelly (piano), Chambers (bass), Jones (drums)

Una delle poche registrazioni con Hank Mobley, "Blues No.2" si caratterizza più che altro per l'occasionale ritorno di Philly Joe Jones, tre anni dopo la sua fuoriuscita dal gruppo. Il brano è quasi un dialogo, un incontro dopo tanto tempo di due vecchi amici che insieme ne hanno fatto delle belle, a dir poco. Non da trascurare l'apporto di Mobley, musicista sempre troppo sottovalutato.

 

4. "Circle In The Round" (1967); Davis (trumpet, chimes, tubular bells), Shorter (tenor sax), Hancock (celeste), Carter (bass), Williams (drums), Beck (electric guitar)

La chitarra di Joe Beck (spiacente, non è Jeff) che esegue una figura estremamente ripetitiva, l'utilizzo della celesta al posto del canonico pianoforte, la reiterazione a distanza di tempo del tema e gli assoli dei fiati più che altro incentrati su variazioni sul tema, danno un senso di indefinito e misterioso che sfocia ben presto nell'ipnotico e nella psichedelia. Questo è un brano (di durata superiore ai 25 minuti) appartenente al primissimo periodo delle sperimentazioni elettriche. Prima di aumentare il numero di tastiere/organi, Miles tentò di introdurre la chitarra elettrica nel suo sound. Il risultato non lo convinse, ma l'idea venne ripresa più tardi con George Benson e soprattutto John Mclaughlin. In "Circle In The Round" (il titolo è emblematico dell'effetto ipnotico che il brano crea) il solista principale è Tony Williams, di cui sono molto particolari gli assoli in contemporanea con Davis e Shorter. Capolavoro.

 

CD2

1. "Teo's Bag" (1968); Davis (trumpet), Shorter (tenor sax), Hancock (piano), Carter (bass), Williams (drums)

Tipico brano del secondo grande quintetto: uso del piano esclusivamente nell'assolo e non come accompagnamento (maggiore libertà espressiva per Miles e Wayne), tipica componente free jazz data in primo luogo dalla batteria di Tony Williams. Interessante l'alternarsi di Ron Carter fra walking bass classico e ripetizione di figure (quasi fosse un loop), che da una sensazione altalenante al brano, fra staticità e movimento. In ogni caso, anche se di classe ce n'è da vendere, non è certo questa la chicca del disco.

 

2. & 3." Side Car I & II" (1968); Davis (trumpet), Shorter (tenor sax), Hancock (piano), Carter (bass), Williams (drums), Benson (electric guitar on "Side Car II")

Non saprei se considerarle due versioni dello stesso brano o uno la continuazione dell'altro, ma sta di fatto che si tratta dello stesso brano, affrontato in maniera un po' diversa nei due casi. Più classico (sempre per gli stilemi del secondo grande quintetto, tutt'altro che classici) "Side Car I", un po' più sperimentale "Side Car II", con la presenza dell'elettrica di George Benson e un uso più innovativo del pianoforte, spesso come accompagnamento/controcanto (sugli acuti e non sui bassi) alla chitarra.

 

4. "Splash" (1968); Davis (trumpet), Shorter (tenor sax), Hancock (electric piano), Corea (electric piano), Holland (bass, electric bass), Williams (drums)

Pezzo dall'attitudine vagamente rock (riscontrabile soprattutto in alcuni stacchi di Williams), caratteristica del Miles elettrico periodo "bianco" (quando cioè aveva come riferimento il rock bianco e non il funk nero come sarà negli anni '70). Particolarmente ispirato Davis, anche se Shorter dimostra già qui una certa affinità con atmosfere più elettriche. Per il resto, nulla di eclatante, solito Dave Holland a metà fra giri di contrabbasso e assolo costante, ottima sintonia fra Hancock e Corea, Williams sempre imprevedibile.

 

5. "Sanctuary" (1968); Davis (trumpet), Shorter (tenor sax), Hancock (piano), Carter (bass), Williams (drums), Benson (electric guitar)

Dalle stesse session del febbraio '68 (perciò più d'un anno prima di "Bitches Brew") che produssero "Side Car I" e "Side Car II", questa "Sanctuary" si differenzia da quella ben più famosa presente proprio in "Bitches Brew" per il suo essere molto più vicina all'ultimo Miles acustico che al primo Miles elettrico. E' vero, c'è la presenza della chitarra elettrica, ma c'è ancora il solo Hancock a destreggiarsi fra tasti neri e bianchi. Tasti di un pianoforte ancora acustico, per giunta. In sostanza è una versione interessantissima questa, soprattutto se paragonata alla definitiva, di ben altra atmosfera ma non superiore in quanto a fascino.

 

6. "Guinnevere" (1970); Davis (trumpet), Shorter (soprano sax), Maupin (bass clarinet), Mclaughlin (electric guitar), Corea (electric piano), Zawinul (electric piano), Holland (electric bass), Cobham (drums), DeJohnette (drums), Moreira (percussion), Balakrishna (electric sitar)

Pieno periodo elettrico, 18 minuti di classe per chiudere bene questa raccolta. La parola d'ordine è, più che mistero e indefinitezza, rilassamento. Il brano, scritto originariamente da David Crosby per il primo album dei Crosby Stills & Nash, ha già di per sè un mood estremamente calmo e dolce, tipico del country/country rock. L'interpretazione di Davis lo stravolge: è un altro brano. Due batterie, basso elettrico, percussioni, due piani elettrici, fiati chitarra elettrica, sitar elettrico: sembrerebbe un accozzaglia di suoni, tutto è invece calibrato alla perfezione. Pastorale, rilassata, evocativa.

 

Per chiudere, "Circle In The Round" è una raccolta con picchi magnifici e interessantissimi ("Sanctuary", "Love For Sale" e soprattutto la title-track) e alcuni episodi minori, ma comunque degni di nota ed attenzione. Come sempre, Miles è un passo avanti, la sua musica è fresca, è innovativa, caratteristica. Se questo album non merita più di tre punti è perchè si tratta di una raccolta intrinsecamente disomogenea (come potrebbe essere altrimenti, comprendendo registrazioni che vanno dal '55 al '70?), seppur molto bella. Obbligatoria per i fan di Miles, consigliata a tutti gli altri.

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