Beh, per me (ma anche per la critica internazionale) si tratta di un vero EVENTO: è un libro-chiave indispensabile per comprendere meglio che cosa è successo a Miles ed alla sua musica dal 69/70 in poi. Normalmente quando si parla di Davis si menzionano in maniera pedante, esaustiva ed analitica tutti i suoi prodotti o collaborazioni a partire da Eckstine-Dizzy-Parker sino al "secondo grande quintetto" con Hancock, Shorter, Carter, Williams. Dopodichè “il nulla”: si guarda con occhio rispettoso, ed un comunque perplesso atteggiamento, tutt’al più a “Water Babies”, “In a Silent Way” e “Bitches Brew”. Poi, a proposito della produzione vasta, varia, intelligente e stellare del primo quinquennio elettrico (67/75) e del ritorno sulle scene (dall’ 80 sino al trapasso), al massimo si parla di “periodo elettrico” senza troppa convinzione e con un sorriso spento, come di un parente caro a cui sia partita la brocca.

Bene: questo libro apre squarci illuminanti sugli strumentisti, loro scelta, loro rapporto con Miles, sulla descrizione psicologica del clima in cui maturavano le composizioni ed il rapporto di Miles con la cultura ed i problemi dell’ epoca. Evidenziando bene i rapporti con i suoi manager, con le sue compagne, per finire con l’illustrazione piu’ vera, sincera della sensibilità e fragilità dell’uomo dietro la maschera. Un uomo pieno di sensi di colpa nei confronti dei figli sempre trascurati ma che era una vera figura paterna per i musicisti più giovani che lo accompagnavano nell’ultimo periodo, al punto da farlo incavolare se questi non si facevano sentire per più di un certo periodo. Solo per sapere come stavano. L’atteggiamento sin troppo protettivo per Dave Liebman (con una gamba offesa dalla polio): dopo già diversi anni che Dave non collaborava con Miles, all’improvviso una telefonata per chiedere come se la passasse e se avesse bisogno di soldi! Di aneddoti stupendi ce ne sono moltissimi ed essi contribuiscono a fare “molto” giustizia dei pregiudizi, luoghi comuni e della mancanza di precisa informazione a riguardo della “musica elettrica” , suo sviluppo e cronologia, collaborazioni etc. Nonchè dell’ importanza pivotale del Davis elettrico nello sviluppo di un linguaggio nuovo che avrebbe cambiato il corso della storia della musica moderna e gettato le basi per un approccio meno canonico e molto nuovo alla creazione, sfruttando spesso piani dinamici e “colori” , timbri, anzichè melodie ed armonie (si capisce ora dunque meglio, sotto questa nuova luce, la rielaborazione di Bill Laswell in Panthalassa, ben spiegata e motivata nel libro). Salvo poi ritornare al concetto (ora dilatato e stravolto ma presente) di “forma” nel secondo periodo elettrico, con dettagli sulle collaborazioni “esterne” (bisogna leggere il libro per capire meglio) di Tutu, Aura ed Amandla.

Le cose più intime sono le più belle; ad esempio a proposito di “He loved him madly” (Get up with it): il “Duke” Ellington, figura carismatica di grande importanza come punto di riferimento stilistico ed umano di Davis, era solito salutare a fine concerto il suo pubblico con la frase “ … love you madly”. Ora, un giorno di primavera del 1974, Mtume, percussionista e molto vicino a Davis nel primo periodo elettrico, andò a casa sua e lo trovò in lacrime con in mano un biglietto di auguri di Natale firmato dal Duke, che, essendo conscio di essere prossimo a morire e di non poter passare l’ennesimo periodo di festività con i suoi cari, si era premunito per tempo, da signore qual’era sino alla fine. Da cui la dedica e la composizione in studio, dal nulla, come spessissimo d'altronde, tirando fuori dal cappello magico del collettivo dei musicisti, frasi, feel e poi con postproduzione intensa. Episodi anche esilaranti come quello del sax player amico di Cosey che invitato tempo prima per una possibile audizione, si presenta sul palco, comincia a suonare e non la smette più sotto lo sguardo attonito di Davis che ad un certo punto blocca la band, ma quello niente, continua! Etc. Etc.

Grande Miles, fragile e tenero come un bambino; come il bambino dentro ciascuno di noi. Nessuno fa eccezione. Si capiscono ora, leggendo quest’ opera bellissima, anche alcuni aspetti solo esteriori da “macho” ed alcune imprecisioni o semplici negazioni della verità (umanissime) che si possono leggere nell’autobiografia scritta con Quincy Troupe. E’ in inglese; fate questo piccolo sacrificio, per chi può. Chi proprio non può si segni il titolo nel cuore prima che nel portafoglio. Fatelo per Miles e per la sua musica. Gli è semplicemente dovuto.

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