Reduci da un disco di grande valore come "Riportando tutto a casa" per i Modena City Ramblers la via non era scontata. Loro, tra folk e mille altri generi, avevano molte strade possibili. Con questo secondo disco dimostrano due cose: la prima è che non sono dei musicisti di genio inarrivabile e indiscusso. La seconda è che sapevano il fatto loro. Mi spiego meglio: dopo il grandissimo debutto era difficile ripetersi; come disse Francesco "Raven" Gallina: "l'unico difetto di "The Last in Line"? Essere uscito dopo "Holy DIver"!" e - senza mettersi a valutare il rapporto di qualità tra Ronnie James Dio e i modenesi (oltre al fatto che "Grande Famiglia" ha difetti anche oltre a non essere il debutto, ma ci siamo capiti) - infatti qua un po' si sente, è un disco di indubbia qualità, ma in cui la band mostra alcuni limiti e fa alcune scelte che, in un certo senso, non sono invecchiate bene.

La copertina è molto bella e può essere interessante confrontarla con l'altra, quella del debutto: dove prima avevamo colori caldi, legno, nessuna persona ma tanti ricordi ora abbiamo colori più spenti ma tante persone, volti, una vecchia foto di quelle che ti ritrovi in tasca durante lunghi viaggi. Per certi versi mi piace dirla così: i MCR avevano una vita piena di memorie da riportare a casa, una volta fatto questo e fatto i conti con i propri ricordi ecco un'opera che guarda meno al passato e più al presente. Chiariamoci, il racconto e il ricordo rimangono elementi più che portanti nello stile dei Modena, ma qua la vena nostalgica (non in senso politico, perdiana!) si affievolisce ancora. Il sound si fa generalmente meno muscolare, aumenta la componente folk in sfavore di quella più rock per molti versi, per altri favorisce soluzioni più tipiche di quegli anni e meno improntati alla musica popolare.

Si parte con "Clan Banlieu", buon brano che non fa gridare al miracolo ma si difende bene, lasciando il posto alla title-track, ottimo brano (forse tra i migliori del lotto) che sfiora lo speed metal quanto a velocità: proprio questo aspetto lo rende fiore all'occhiello di un disco che sembra avere paura di aumentare i bpm. Seguono due brani di buona fattura, emozionanti ma non molto trascinanti, seguendo con "L'aquilone dei Balcani" e la simpatica "Le lucertole del folk". Abbondanti e gradevoli sezioni strumentali fino alla bellissima "Il fabbricante di sogni", che conduce a una cover magistrale di un brano di Guccini famosissimo, "La locomotiva" (reinterpretata in chiave combat folk da manuale). "L'unica superstite" ha un sound tranquillo e forse visto il testo è meglio così ma, come si accennava prima, per tutto il brano l'ascoltatore aspetta che arrivi l'accelerata. L'accelerata però non arriva e lascia il brano molto bello ma con la sensazione di qualcosa che manca. I tre brani in chiusura direi che possono mettere d'accordo tutti, con una qualità alta che fa pendere verso il giudizio positivo l'ago della bilancia, dopo qualche tentennamento che potrebbe esserci stato verso la metà.

Il gusto folk è molto vario e presente con alti livelli, ma forse è la produzione ad essere un po' carente, con brani tutti abbastanza brevi e una scelta che potrebbe far storcere (a me lo fa storcere) il naso: qua si poga poco. Dove sono finiti i brani che ti fanno saltare impazziti? Voglio dire, sono sedici brani e sicuramente ci sono quelli che ti fanno dare belle spallate (la title-track), quelli "da pugni al cielo", come si dice nel metal ("La banda del sogno interrotto"), ce ne sono per tutti i gusti, ma ragazzi, suonate folk, più animo! È un difetto innegabile di questo disco e forse il principale difetto: la carica la voglio sentire anche su disco, non solo dal vivo. Forse tanta gente, soprattutto tra i giovane, che conosce i MCR per la loro attività live, si stupirebbe a ascoltare questo disco, che presenta toni così profondi, a volte quasi pacati, affiancati a sound più leggeri e poco stratificati: in poco si stupirebbero di scoprire quante cose era questa band, prima di un gruppo che suona "100 passi" a ripetizione. In altre parole abbiamo un disco meno impegnativo del precedente (soprattutto per quanto riguarda il sound) e generalmente inferiore, ma comunque di buona fattura, con tante belle canzoni, belle atmosfere, soluzioni melodiche di qualità e nessun vero calo vertiginoso. Io credo che quest'opera sia nel cuore degli appassionati e sia un degno successore del debutto-manifesto. Non siate colti dal tranello del "bello ma non come quello prima..." né date un peso eccessivo al difetto spiegato precedentemente della minore energia di quanto sperato, perché sono tipici pensieri che inducono a scartare l'ascolto: è un disco da sentire tutto d'un fiato una volta assimilato "Riportando tutto a casa" e lasciare che qualche pezzo ti entri nel cuore. Non sarà oro bianco, ma è di certo un gioiello. Voto: 84/100.

Elenco tracce testi e video

01   Clan banlieue (03:54)

Il quartiere non è il massimo, vie larghe e palazzoni
qui non abita nessuno di famoso.
niente attori, nè politici, stilisti nè modelle
musicisti si ma solo quelli poveri.
Qui ho tutti i miei amici ma non c'è un cazzo di niente
tranne il bar di Mimmo e il take away cinese.
E se sei cresciuto qui e se hai ventidue anni
cominci ad avere voglia di cambiare.

Così Pablo ha rimediato un furgone arrugginito
e Aziz è riuscito a farlo andare
con un pò di soldi in tasca per la birra e la benzina
da domani ci prendiamo una vacanza. A's tulàm de d'ché!

Zen, Secondigliano, Pilastro, Quarticciolo
non c'è niente da perdere, nous sommes le Clan Banlieue.

Ce ne andremo a curiosare per le strade dell'Europa
con le multe non pagate sul cruscotto.
Pablo cerca di convincerci a tornare a Barcellona
per noi due l'importante è che si schiodi.
Scriveremo cartoline agli amici del quartiere
che si sciolgono nel caldo dell'estate.
Li ritroveremo un giorno e brinderemo al nostro incontro
ai vecchi tempi e alle nostre nuove vite.

E da tutte le provincie, d'oriente e d'occidente
dai sobborghi soffocati dalla noia
uno sciame di furgoni malconci e colorati
investirà le grandi capitali. On se taille d'icì!

Guildford, Castrovillari, Sassuolo, La Villette
non c'è niente da perdere, nous sommes le Clan Banlieue.

Erlangen, Manzolino, Isernia, Lisdonvarna, Liege, Valladolid
non c'è niente da perdere.
Voghera, Codigoro, Zandvoort, Montecavolo,
East Kilbridge, Rieti, Arcore. Nous sommes le Clan Banlieue.

02   Grande famiglia (03:01)

Vanya è nata a Algeri, è cresciuta nel deserto
ha negli occhi ancora un po' di luce d'Africa
ha vissuto a Parma, poi è partita verso il Nord
è finita tra i Bunkers di Falls Road.

Ha cantato ed ha bevuto con gli amici di Bob Sands
ora spilla Guinnes all'Onirica
cucina per i matti e gli insegna a pitturare
sorride e loro le rispondono,

GRANDE GRANDE FAMIGLIA eh eh
i tossici, i poeti, i militanti, le punk
GRANDE FAMIGLIA GRANDE eh eh
clan cooperativa posse tribù
GRANDE

Al centro Auro e Marco l'atmosfera si riscalda
per fortuna birra fredda ce n'è ancora
Ale parla di politica Fabio accorda la chitarra
I bassotti son là per fare musica.

Paolo Rossi al grande circo chiama in pista i suoi amici
ballerini, nani, comici e cantanti
falsi ciechi e domatori inservienti e suonatori
a cantare insieme "A m'inceva un caz".

GRANDE GRANDE FAMIGLIA
gli irlandesi nei pub, i delegati nelle fabbriche
GRANDE FAMIGLIA GRANDE
centro sociale casa del popolo
GRANDE

El gobbi aparece cada vez que tocamos
para pogar la musica irlandesa
y habla espanol para encantar la muchacha
e dialet quand l'è emberiegh

A Roma ci sta Paola con Ottavio e Robertina
c'è Radaski nelle bettole a Torino
a Parma Aldo e Franzo, a Dublino Andy Fitzimans
un amico in ogni porto per i brindisi

GRANDE GRANDE FAMIGLIA
le ragazze sognanti i vecchi alla bocciofila
GRANDE FAMIGLIA GRANDE
Veniamo da lontano andiamo lontano
GRANDE

GRANDE, GRANDE!

03   Canzone della fine del mondo (03:49)

04   Santa Maria del pallone (03:21)

05   L'aquilone dei Balcani (01:39)

06   Le lucertole del folk (02:13)

07   Giro di vite (02:00)

08   La mondina / The Lonesome Boatman (01:59)

09   Al dievel - La marcia del diavolo (03:26)

10   Il fabbricante dei sogni (03:19)

11   La banda del sogno interrotto (02:57)

12   La locomotiva (07:12)

13   L'unica superstite (03:52)

14   La fola dal Magalas (03:37)

15   La strada (04:14)

16   La mia gente (02:53)

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Altre recensioni

Di  rebelde

 Questo gruppo sa veramente far divertire, soprattutto dal vivo.

 Un disco che sa divertire, emozionare, sensibilizza l’ascoltatore su temi d’attualità.