La bruciante domanda:

ma c'è qualcuno nel mondo del web che abbia le orecchie collegate al cervello e abbastanza coraggio per dire che "Onda Libera", l'ultima fatica dei MCR - Modena City Ramblers, fa pena?

Relativamente almeno, rispetto al passato della band.

Fosse un album d'esordio di una qualunque formazione un "Beh ...buono?" ci scapperebbe senza applausi, ma con dignità e col punto interrogativo. Trattandosi dei MCR che avevano fatto uscire roba come "La Grande Famiglia" e, pur con riserva, "Viva la vida muera la muerte", questa uscita fa cascare le braccia. Altro che combat folk e resistenza qui da combattere c'è solo l'impulso a passare al più trucido "Califfo" per recuperare vigore e resistere per "bere" con le orecchie l'amaro calice fino in fondo onde recensire in scienza e coscienza.

Melodie scontate
. Un concept banale. Il solito armamentario poetico vieto e frusto (stì zingari figli del vento ci hanno stracciato la cosa che fa rima con cicerchia!), brani moderatamente veloci e comunque boring alternati a lagne prive di nerbo e spirito che fanno tanto Branduardi sotto benzodiazepine, come Il mulino e il tuo giardino, o Valzer chiuso in soffitta (che fa più Endrigo-quello di ora, cioé morto). Due viaggi anestetici che solo un ebefrenico potrebbe chiamare ballads. 

Meglio la cover e "Libera Terra", ma tant'è. Non è che bastino due agganci politicamente corretti e impegnati per redimere una carenza di idee che mostra la corda. Sonorità che sono da tempo appannaggio di gruppi decisamente più creativi come gli Orchestra Bailam o di mostri sacri che comunque lo fanno meglio e da anni. Insomma, novità zero.

Il fondo penso si tocchi decisamente con "C'è ancora tanto": la dimostrazione di come si possa confezionare uno strumento di tortura sonoro applicando meccanicamente a una batteria monotona un testo, ignorando con metodo ritmiche naturali e accenti, schiacciando e stritolando le parole sull'ossessivo tamburellio come su un cavalletto di tortura. il brano successivo, "Libera mente" è in compenso una Ferrettata malriuscita, che non ha ovviamente la voce mistica del compianto (in vita) Giovanni Lindo, ma fa piattamente il verso a "Fuochi nella notte di San Giovanni" e al peggio dei Subsonica. Orcozio, roba da professionisti.

Decisamente meglio, anche perché era difficile far di peggio, "La Ballata della dama bianca", più sincero nell'impostazione e piacevole. Nel crescendo finale soprattutto. Peccato poi ripiombare sotto etere con la ninna nanna "L'uomo nel suo castello", la cui salvezza sembra essere solo nella base finché non ti accorgi che è in certi passaggi una rimasticatura de "Il vecchio e il bambino" di Guccini. Insomma... ti piaceva ma mica perché sia roba del loro sacco.

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