Pronti via, l’intro, cupa come il titolo della prima traccia, “My Darkside” ci introduce al mondo dei Moongarden, che scopro a breve essere italiani, cosa che mi lascia piacevolmente perplesso e quanto mai compiaciuto. I primi tre brani dei – a questo punto chiamiamoli Giardino della Luna, sono perle rare nel progressive italiano e non hanno niente da invidiare ai colleghi più blasonati sparsi per il mondo. Che la band sia apprezzata anche all’estero, lo dimostra anche la presenza di Andy Tillsson, vocalist del cosiddetto supergruppo The Tangent in “That Child”. Mica poco.

Il punto di forza del disco e della band in genere, decisamente compiuta ed evoluta rispetto a lavori precedenti più ‘criptici’, sono la capacità di spaziare nel prog senza appiattirsi sulle proprie capacità e quindi senza avvitarsi su se stessa: più cattivelli ogni tanto, come nella opener, più psichedelici altrove, come in “Dreamlord”, elektroprog in “Sonya In The Search Of The Moon”, più pop come in “Emotionaut”, riflessivi nella strumentale “Flesh”, spensierati e vagamente country in “Southampton Railroad”, la traccia più semplice forse, ma una delle migliori. Riescono a essere tutto, infine, nella traccia di chiusura “The Lighthouse Song”.

Ma il Giardino della Luna, oltre a tutti questi bellissimi fiorellini irradiati da una luce ora sinistra, ora malinconica, hanno la voce di Simone Baldini Tosi, e la voce di Simone Baldini Tosi è qualcosa capace di trasmettere miriadi di emozioni diverse e tutte letali: vibrante, calda, roca, aggressiva, dolcissima, ha al suo arco numerose e diversissime frecce che immancabilmente centrano il bersaglio in pieno. E tutto ciò che si può fare, è restare a bocca aperta.

Vorrei soffermarmi su due tracce a mio avviso sopra le righe. La seconda, “It’s you”, dolce e a tratti struggente nella prima parte, aggressiva ma altrettanto pregna di pathos nella seconda, in cui la voce sfoga la propria rabbia e ci trascina fino in fondo, quando un breve ma incisivo assolo chiude la questione. Ma il vero capolavoro dell’album è “Solaris”, una mini-suite di 13 minuti divisa in quattro parti, come si faceva ai bei tempi di Atom Heart Mother. I primi quattro minuti restituiscono l’immagine affiatata e potente di un gruppo maturo, che anche attraverso sapienti arrangiamenti sostiene la voce (a tratti lullabyeggiante) del Baldini Tosi. Ma dal minuto 4 in poi siamo di fronte al capolavoro: quella che si chiama “Emozione”, e parliamo di emozione che viene trasmessa tramite la musica, non potrebbe trovare miglior definizione in questi dieci minuti in cui c’è solo da sedersi, fumarsi una sigaretta, fissare l’orizzonte e starsene zitti o meglio intonare “Here I stay Here I go” così come ci canta (e in-canta) il vocalist, facendoci tremare dentro. E poi, un assolo vibrante, in crescendo fino al fondo, un assolo che immagino figlio legittimo di Gilmour, nel suono e nella sostanza, e che a Gilmour (papino mio, perdonami) non ha nulla da invidiare.

Voto altissimo a questo album (del 2008), ben amalgamato nonostante la presenza di stili e influenze differenti. Complimenti a questi (non più) ragazzi. A chi non piace il genere, ma ama la musica, posso dire di non perdersi le traccie 2 e 3.

Elenco tracce e video

01   My Darkside (07:26)

02   It's You (07:04)

03   Solaris (13:00)

04   Emotionaut (03:55)

05   That Child (05:52)

06   Flesh (02:49)

07   Dreamlord (11:30)

08   Southhampton Railroad (04:11)

09   Sonya in Search of the Moon, Part 5 (05:47)

10   The Lighthouse Song (09:32)

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