Recensire questo disco per me è diventato qualcosa di complicato. Ogni volta iniziavo a battere due righe e poi il blocco con la freccia del mouse diretta verso la x in alto a destra la schermata.
In fondo ci sta, è un disco che non può essere decifrato dal punto di vista tecnico, un disco personale che ascoltato nel periodo sbagliato e saldato ad una storia di vita personale e ad un triste epilogo amoroso rischi di fartelo piacere, ma anche di rimanerci terribilmente schiacciato sotto. Ti lecchi le dite come fosse Nutella sul pane, ma son ferite rosso sangue.

Le colonne sonore non colorano solo le vacanze al caldo ricco premio frutto di qualche fortunato coupon o concorso a premi. Se no diciamocelo gruppi come i More Than Life non avrebbero mai avuto l'esigenza di mettersi a scrivere queste robe. Da buoni inglesi avrebbero messo su un complessino brit-pop buono per ogni stagione della vita.

L'inquadratura di “Love Let Me Go” è cosa difficile almeno quanto può essere ricomporre pezzettini di carne e frammenti di sé dopo un brutto crollo, quanto trovare quell'autostima perduta o ripartire quando ti senti tremare perché sotto i piedi senti mancare la terra.

La base è sicuramente hardcore, ma ai More Than Life i ritmi svizzeri interessano fino ad un certo punto. La forma canzone viene fagocitata da una centrifuga irrazionale e continua, il cui moto si aggiorna attimo dopo attimo.
Non è musica da ultras febbricitanti di ritorno da una gioiosa trasferta in pullman, è musica da gente solitaria, stanca di vivere, con la sola voglia di mettersi a correre urlando verso il nulla.

C'è una tale enfasi, un tale impeto nel cantato di James Matthews che sembra difficile pensare che le sue emozioni non siano vere. E' qualcosa di commovente e allo stesso tempo difficilmente descrivibile a parole. In rari casi nell'hardcore ho sentito tale pathos come in “Scarlet Skyline” e la title-track. E il nastro torna indietro di tre decadi fino a certa disperazione di alcuni episodi dei Rites Of Spring.

Un romanzo impregnato di romantico decadentismo fatto di pagine scritte con il sudore e con le lacrime il cui epilogo raffigura arcobaleni fatti di decine di sfumature di tonalità tra il grigio e il nero.

Non è facile fare delle scelte, a volte probabilmente è più facile scegliere di non vivere, a volte è meglio dire ciao e passare avanti perché è importante vedere la vita da una diversa prospettiva che non contempli l'altro. A volte nella solitudine e nei silenzi assordanti si può trovare la consapevolezza e la forza per scrivere un nuovo capitolo del racconto fatto di sviluppi imprevedibili e nuovi personaggi.
E no l'amore non è forse nemmeno la più devastante delle esperienze.

“Love Let Me Go” non è un disco per superare il dolore, è la gabbia fatta dolore e le sue pagine sono solo il ferro delle sue impenetrabili sbarre.

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