Attenzione! Questa recensione è assolutamente DI PARTE...
Descrivere l'emozione di un concerto di Morrissey è un'autentica impresa. Non tanto per il concerto in sè, ma per il fatto che Morrissey in Italia è un fatto più raro di una morte di un papa. Certo è, che dopo le ultime svolte "filoitaliche", Morrissey non poteva non venire da noi. Se non fosse venuto, giuro, sarei andato a cercarlo a Los Angeles per spaccargli in testa quel bel violino che finge di suonare nella copertina di "Ringleader of the tormentors". Per quanto, ci ha provato, annullando più di una data del tour italiano. Lo perdoniamo. Soprattutto io che ho comprato i biglietti per Villa Arconati...
Su Moz s'è detto di tutto e il contrario di tutto, ma una cosa è certa: l'influenza degli Smiths nella storia della musica è inversamente proporzionale alla lunghezza della loro esistenza. Pur essendo un gruppo relativamente giovane (ci sono gruppi più "anziani" in circolazione, tipo i R.E.M., ma che ovviamente hanno avuto carriere più durature) gli Smiths sono nel cuore di tutti coloro che hanno amato ed amano il pop.
Questo, è mia opinione, per via di Morrissey. Gli si può dire di tutto: che è antipatico, che è un grande stronzo e anche un ruffiano (queste graditissime sviolinate all'Italia, per quanto sincere, mi sembrano comunque eccessive: tenete conto che i suoi musicisti si sono presentati al concerto con le magliette della nostra nazionale), ma sulla sua sincerità e sul suo cuore, non ci sono dubbi. E lui, il suo cuore, lo regala a tutti, per davvero.
Villa Arconati è una cornice davvero splendida. Peccato per questo castello, una specie di piccola reggia di Caserta in miniatura, ai limiti del fatiscente. Con un adeguato (e probabilmente costosissimo) restauro, il posto sarebbe un vero gioiello. Qualche anno fa ci vidi i Sigur Ros, un concerto deludente (Jonsi non era in formissima) preceduto da un eccezzionale Kimmo Pohjonen, un fisarmonicista finlandese del quale consiglio calorosamente l'ascolto. Quest'anno, la copertura della struttura (che prevede posti a sedere, dei quali ci dimenticheremo tutti immediatamente non appena Moz salirà sul palco) era piuttosto alta e questo, devo dire, ha pregiudicato l'acustica per coloro che erano seduti dalla metà della sala fino in fondo. Ma tant'è, gli organizzatori hanno preferito tutelarsi e stare tranquilli in caso di pioggia.
Un mastodontico Oscar Wilde in trasparenza è stato posto sopra il palco, inondato dalle note di Chopin. Ad aprire la serata, un singolare duo voce-tastiera/batteria. La ragazza (chiedo venia ma non ne ricordo il nome) è un pò una sorta di Tori Amos più incazzata e darkona, ma con una voce di tutto rispetto. Alla lunga un pò ripetitiva ma questo è l'effetto di ogni gruppo spalla, soprattutto se dopo c'è uno come Morrissey.
Morrissey arriva con una mezz'oretta di ritardo, per poi esordire con una "Panic" che ci stende tutti immediatamente. Non vale, Moz, non eravamo affatto preparati, non hai fatto in tempo a mettere i piedi sul palco e già stronzeggi. Pero ti vogliamo bene. Se te ne vogliamo... Moz ha una voce immutata: mentre la maggior parte dei musicisti dopo i quarant'anni ha un abbassamento a livello di ottave (un esempio per tutti: David Bowie), Morrissey canta esattamente come vent'anni fa. Gigioneggia sul palco sudando parecchie camicie, molte le lancia al pubblico, che gradisce.
Ha talmente tanta classe che potrebbe stare zitto e immobile per tre ore tanto sentiremmo comunque la sua presenza. Solo che Morrissey non sta zitto. Canta. Un dibattito è partito alla fine del concerto: "ha fatto poche canzoni degli Smiths", "eh, vabbè, mica può fare tutte canzoni degli Smiths", "si, ma se non le fa lui, chi dovrebbe farle?".
Più in là è partita, anche questa piuttosto a sorpresa, una "Girlfriend in a coma" e soprattutto una "Still ill" di una potenza davvero inaspettata. Il pubblico (c'è da dire, per la stragrande maggioranza costituito da over-thirty) gradisce, saltella, balla, canta.
"Thank you for downloading Ringleader of the tormentors", dice ad un certo punto. "I bought it!", grida una ragazza. "What? You're fourty?", chiede lui. Questo è Morrissey. Il concerto è costituito per la maggior parte da brani degli ultimi, riuscitissimi dischi. Una parentesi la apre con un paio di brani più vecchi e con una cover (ringrazierò chi saprà dirmi di chi è quella canzone). Di grande impatto emotivo è stata "Life is a pigsty", ci siamo tutti visibilmente commossi. In ogni caso, i suoi musicisti sono del tutto all'altezza.
Avrei gradito "There is a light that never goes out" e "Last night I dreamt that somebody loved me", ma la chiusura del concerto con "How soon is now?" ha in parte saputo colmare questa assenza. Ho visto molte magliette degli Smiths visibilmente vintage in questa splendida fresca serata di Villa Arconati. Molte persone che evidentemente aspettavano da tempo di poter vedere Moz dal vivo.
È stata una serata entusiasmante, Moz è uno splendido signore la cui classe in molti se la possono solo sognare. Se hai comprato casa al Colosseo, caro Steven Patrick, vieni da noi, restaci e torna a suonare più spesso.
Our heart is open to you.
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