Da Vicenza arrivano Anita Formilan, Diego Pianalto, Giacomo Totti, Nicola Bottene, Nicola Tamiozzo e Nicolò De Franceschi.
Insieme, sono i Mother Island e suonano musica genericamente definibile psichedelica, come suggeriscono il nome – Mother Island deriva da un deformato riferimento al fungo allucinogeno noto come mother iceland – e le copertine dei loro album, ispirate a quelle dell’arte psichedelica in voga negli anni Sessanta.
Sempre in quel decennio furono attivi i gruppi assurti a principale fonte di ispirazione: i Jefferson Airplane, i Pink Floyd di Syd Barrett, Velvet Underground e Nico, Beatles e Iron Butterfly, per citare solo i più rappresentativi.
Tuttavia, non mancano riferimenti più recenti a My Bloody Valentine e Brian Jonestown Massacre, indispensabili per scongiurare il rischio di risultare l’ennesimo e sostanzialmente inutile tassello nel mosaico della retro-mania: non solo psichedelia, quindi, ma anche rock’n’roll e blues.
Lungo queste coordinate, i Mother Island combinano materie prime prettamente vintage con attitudine malinconica – per loro stessa ammissione – ma il manufatto ha sapori decisamente moderni.
«Cosmic Pyre» è l’album d’esordio, pubblicato nel 2015 nella sola edizione in vinile, che permette di apprezzare appieno la bella copertina ad opera di Federico Zotta.
Il suono è genericamente psichedelico: in tal senso, «Death Valley Summon», «Disguise», «Willow Tree», «Naughty Girl» e «Sirbonzodequincey» sono fedeli ai classici stereotipi del genere.
Talvolta, però, i Mother Island non lesinano richiami poppy: l’iniziale «A Little Bit Harder» e «Night, Day and Night», nel loro svelto incedere power pop sostenuto da brillanti riff chitarristici e dal costante contrappunto dell’organo, e «Drag Along», che scioglie la melodia pop nell’acido, sono esemplificative in tal senso.
Più spesso prevale l’inclinazione alle divagazioni “pesanti” dei menzionati Iron Butterfly, come pure ad asperità dal vago sentore grunge: citazioni d’obbligo per le bellissime «Electric Son», dove rivive il fantasma dei Jefferson Airplane più duri ed arrabbiati, e «Flyng Pigs», che arriva a sfiorare i territori del desert rock più vigoroso.
È proprio lungo queste traiettorie che i Mother Island sembrano muoversi con massimo agio, mettendo in risalto una coesione inusuale per un gruppo all’esordio e, singolarmente, il carisma e le doti tecniche non indifferenti della cantante Anita.
Ciò nonostante, non è mancato chi ha tenuto a rimarcare come i Mother Island siano arrivati all’appuntamento coll’esordio con cinquant’anni di ritardo: critica quanto mai inappropriata perché la derivazione della proposta non ne inficia in alcun modo l’esito, assolutamente credibile e perfettamente calato nel suo tempo.
Nel 2016, i Mother Island hanno pubblicato il secondo album «Wet Moon», confermandosi gruppo assolutamente meritevole di ascolto e supporto.
Elenco e tracce
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