Questo non è un altro brutto EP.

Del resto, i Motor dal '92 al '98 non hanno fatto altro che sfornare una serie di gemme e qualche capolavoro non da poco tra albums ed EllePìes, al ritmo medio di 3 uscite all'anno. Poi hanno scoperto come estirpare le ortiche da sotto i propri deretani e, senza una viva sollecitazione fisica, si sono un po' adagiati nell'autocompiacimento. Ma questa è un'altra storia.

Più precisamente, è nel magico 1994 che ci andiamo a catapultare con quest'ottima mezz'oretta di musica: tra un "Demon Box" ed un "Timothy's Monster", la Grande Famiglia trova il tempo di dare alle stampe ben due EP, il monumentale "Mountain EP" ed il suddetto, ultimi capitoli per la Voices Of Wonder, etichetta dalla quale i Nostri avranno un burrascoso divorzio. Nascerà così la Stickman Records. Ma, forse, questa è proprio un'altra storia.

Periodo d'oro, senza dubbio. L'estro creativo è qui al massimo, la febbrile voglia di fare e suonare è incontenibile - e si sente. L'attitudine assolutamente sincera e la passione viscerale che i ragazzi ci mettono nel proprio lavoro emergono fin dalle prime note dela stessa title-track, un numero esemplare di come si possano coniugare con naturalezza un mood squisitamente indie ad un piglio hard-prog (Dinosaur Jr meets King Crimson periodo Red, in sintesi): il tractor-bass di Bent porta avanti il pezzo, seguito con estro dalle creative pentolate di Geb, mentre il fido Lars Lien ci regala un godibilissimo esempio riguardo a come si debba usare il Wurlitzer senza risultare pretenziosi.

Tema fondamentale è un'ironica esortazione a sottostare a quanti si pongono sopra di noi in quanto Supremi Ordinatori dell'esistenza:

 

                                                 "mind your parents
                                                  mind your teacher 
                                                  mind your boss
                                                  and mind your job..."

 

Se starci o meno, a voi la scelta.

I Nostri comunque sanno come non annoiare, e difatti nel corso dell'EP riescono a lambire i generi più disparati, dalla terrificante cover della Kissiana "Watching You", al malinconico rock vagamente blues nei motivi chitarristici di Snah in "She Used To Be A Twin", forse uno dei pezzi migliori tra le B-side dei norvegesi, fino al dream-pop acustico dell'evocativa "Blueberry Daydream", recuperata dalla mitica demo "Maiden Voyage" (ma chi se la ricorda?). Stupisce piuttosto la stravagante "Summertime Is Here", pezzo originario dai fabolous '60es scritto dal prozio di Geb, tal Larry Lux, che per l'occasione presta la sua voce da Mark Lanegan obeso lanciandosi in un divertente rock dal testo un pochetto ammiccante, chi vuol capire capisca (Well, you know you're a big girl now/and you know I can show you how... marpione!).

Forse converrebbe chiudere un occhio sulla gost-track "Motorhead Mama", omaggio alla genitrice di Lemmy, accozzaglia di tamarrie à la Motorhead che al massimo possono far divertire. Prendiamolo giusto come un divertito tributo senza pretese, và. E in fondo si tratta di una traccia fantasma. ().

Tra tutti gli EP (e sono tanti!) sfornati dalla band nel corso della loro quasi ventennale carriera, è praticamente impossibile decretare quale sia il migliore, a causa delle mille sfaccettature ed ispirazioni che stanno alla base di ognuno di questi. Ma se vi capita tra le mani questo raro gioiellino, non lasciatevelo scappare!

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