Una splendida creatura musicale dalle mille sfaccettature. Una sperimentazione sonora condotta su tutti i fronti. Un cubo, una stella, un cilindro, un rettangolo. Ed un bambino che si diverte provando di volta in volta ad inserire le varie forme nella scatola magica. Un arte gioiosa, una sorta di gioco ad altissimo livello. Giocare, esplorare per far sì che la parola "passione" restituisca in modo più intuitivo di "intrattenimento" la particolarità della creazione musicale.

Misteriosi ed eccentrici, grandi contaminatori dal fascino sfuggente ed imprecisabile, i Motorpsycho dal 1991 ad oggi hanno registrato un numero imprecisato di dischi, tutti assolutamente magnifici ed imperfetti. Mossi da un approccio verso i linguaggi musicali che è palesemente viscerale - e di certo vulnerabile - hanno saputo armeggiare di volta in volta con stili e sfumature diverse tra loro come il grunge, il folk, la psichedelia, il progressive, il jazz e il country, il pop ed il rock'n'roll. Facendone rispecchiare, ciascuno a suo modo, un aspetto della loro immagine interna; un retrogusto, un carattere, un taglio tutto personale.

Dunque "Barracuda" vive e gode di una propria autonomia e di un fervore che negli altri lavori dei Motorpsycho non è stato replicato: un incommensurabile tributo all'hard rock ed al boogie-soul come solo in "High Time" degli MC5. Un disco brillante, ineccepibile nel gusto e nello stile.
"Heartbreaker" parte con una linea di basso che richiama alla mente un'epoca non presente e tutto il brano diventa un dispenser di frequenze che saltano e picchiano dolce sui fianchi mentre l'inconsueta "negritudine" della voce di Bent chiarisce subito la rotta che il disco deciderà di intraprendere di lì a poco. La direzione sinuosa ed elegante che imbocca "Star Star Star" dove gli arrangiamenti delle chitarre ammiccano favolosamente verso gli strumenti a fiato ottenendo una torrida fiumana di suoni che si snodano alla ricerca del punto G tra il groove rock'n'roll e la pura fanfara soul-gospel. "Up 'gainst the Wall" apre con gli sfavillanti suoni degli Who di "Who's Next" (provare per credere) ma sposta il tutto verso una mescolanza irrefrenabile in cui il 'feeling black' onnipotente che ha fatto la storia del rock, del soul, del funk e del jazz convive con il piglio tutto moderno di una band capace di forzare le melodie portandole a punti d'ebollizione mai raggiunti prima.
In "Vanishing Point" un'anima southern emerge dal drumming potente, rapido e coinvolgente ed anticipa le pulsazioni scure e ruvide della successiva "Rattlesnake" dove il riff è reso corpo da un basso che trascende tutti i propri istinti primitivi e primordiali di 'segnatempo'. Tutto d'un fiato, senza quella possibilità di riflettere che solo la grande musica sa toglierti "Dr. Hofmann's Bicycle" si porta su divagazioni psichedeliche che ammorbidiscono i toni e preparano il terreno alla conclusiva "Glow" che gira e rigira intorno ad un riff reiterato di chitarra in sustain che è semplicemente uno dei più belli dell'intera storia del rock contemporaneo, mentre i cambi cromatici scintillano, si giustappongono e sembrano sciogliersi per abbracciarti, baciarti forte e condurti alla fine di in un viaggio aereo impossibile.

"Barracuda" trasuda rock energetico nella prospettiva particolare delle big band di una volta: un disco incantevole per l'unica formazione dei '90 ad aver assimilato tutte le lezioni possibili senza perdere mai una personale cifra stilistica compatta e lineare nella scrittura dei propri pezzi. Colore, calore e soprattutto fantasia. Barracuda è la prova che ai Motorpsycho si può chiedere unicamente di continuare a suonare, ancora e ancora. Perché è soltanto il rettangolo rosso. E non si finisce mai di giocare con la scatola magica.

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