A Crow Looked At Me” non è un album musicale, è un libero e sommesso sfogo.

“A Crow Looked At Me” è un marito e un padre in lutto, è un dolore soffocato da una chitarra in mano, lenito da pochi accordi, consolato da microscopiche percussioni e addolcito da sporadici tocchi al pianoforte.

Potrebbe essere il nuovo (2017) bellissimo lavoro di Mount Eerie ma non lo sarà mai per me. E’ una vocina che, a fatica, riesce a non rompersi in pianto, è un lungo soliloquio a cui prestare attenzione. Le sue parole sono tutto, sono la vita di sua moglie che se n’è andata, sono la morte che si è presentata con preavviso in una famiglia come mille altre, sono una bambina senza una madre. E’ pura tragedia elevata ad arte, una sofferenza intima e raccolta a cui accostarci timidamente, rispettosi e silenziosi come quando si entra in un obitorio. E’ un lavoro che merita rispetto perché, in certi momenti, ci si può solo avvicinare offrendo la nostra compassione, non una parola fuori posto, non un gesto senza senso. Forse è il lavoro più anti-commerciale che mi sia mai capitato di ascoltare, è musica solo per Phil Elverum. E’ la morte che si fa viva e ha la forma di un corvo che ti guarda dritto negli occhi.

M’immagino che non sia facile, dopo queste righe, avvicinarsi a un lavoro del genere. Chi avrà voglia, non troverà la “musica” ma solo un uomo che, forse come è successo a me, potrà diventare quasi un amico. Chissà, forse quando era chiuso nella sua stanza a incidere quest’album, sperava di trovarne tanti di amici come me. E ne sono certo ne troverà pure qui nel Deb.

Hey You, ricorda, together we stand, divided we fall

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