Io credo fermamente nel valore della completezza: non c'è nulla di più elegante di qualcosa che riluce ordinato ed enciclopedico. Insomma, io non la penso come quel birbante di Slater che in "Heathers" afferma che "il Caos è tutto" e che avrebbe estinto i dinosauri ma, al contrario, che è stato un Ordine di cui non ancora afferriamo la portata: il caro e darwinista Dawkins in "The God Delusion" però mi ha rassicurato sul fatto che, pur essendo dei miseri esseri di carbonio, abitanti il terzo sasso da una stella abbastanza comune che "orbita" (termine orribile ed inesatto lo so... ma è per capirci) nel braccio periferico di una galassia, uguale a miliardi di altre nel nostro Uni o Multiverso che sia, siamo riusciti in modo sorprendete ad avvicinarci a comprenderlo: questo, se mi permettete, mi fa "camminare" più leggero tra i miei simili.

Tutto questo preambolo va in contraddizione con lo spirito della recensione che per una volta (anche se non è la prima... amo contraddirmi) sarà incompleta e caotica: infatti in modo "casuale" ed indiretto ho introdotto uno dei protagonisti del disco in questione e cioè quel Charles Darwin ancora così sottovalutato e bistrattato (e questa cosa mi fa ritornare la diffidenza nel "camminare" tra i miei simili). Strano a dirsi ma i The Knife (per chi non li conoscesse sono un parentale duo "elettrodituttounpò" svedese che da una decina d'anni delizia le nostre orecchie: a volte in modo Pop, a volte in modo"disturbante") hanno, infatti, realizzato questo concept dedicato al padre della Teoria dell'Evoluzione. Qui devo ammettere che la tentazione enciclopedica è fortissima ma siccome non voglio tediarvi troppo se volete conoscere la genesi (nessun riferimento biblico è voluto... sia chiaro!) del progetto vi rimando a questa pagina Ondarock (so che in questo Sito non è visto di buon occhio ma fate un "fioretto", andateci: per una volta è ben fatta). L'unica cosa che dico, qui, è che i due scandinavi hanno intrapreso un lungo viaggio (in tutti i sensi possibili) di 18 mesi per raccogliere tutto il materiale possibile sul protagonista.

Se sul soggetto si sono documentati, sul "modo" di realizzare il disco (e tra poco, in modo disordinato, lo vedremo) invece, per loro stessa ammissione, sono rimasti "ignoranti" (nel senso di "chi ignora"): credeteci o no "Tomorrow, In a Year" è un album (con tutti i "se" e i "ma" che vedremo) di musica Lirica.

Due parti distinte: una puramente avanguardista, l'altra più tendente (ma non troppo) a concessioni ritmiche e melodiche cui il duo c'aveva abituato fin qui ma, entrambe, percorse dal fil rouge del canto lirico, anche se ci sono parti vocali di genere ben più "leggero". Tutto questo in una "stanza" (voglio dare un'idea un pò claustrofobica) elettronica ampia negli stili (dalla Techno all'Ambient), nelle ritmiche (a volte sincopate, altre, addirittura, di matrice quasi etnica) e nel contesto emotivo (il concept con le sue vicende). La scelta di non approfondire la conoscenza della Lirica è stata, probabilmente, suggerita al duo dall'idea di poter mescolare i due universi (paralleli?) senza troppi timori reverenziali. Un disco cui non si può certo rinfacciare mancanza di coraggio o "intelligenza" (qualsiasi sia il significato voi diate al termine) ma che anche ha tutto per risultare ostico se non repellente.

Senza indugiare troppo in altre amenità (che poi è provato che oltre la quindicesima riga una recensione annoia... per usare un eufemismo) si può dire che questo disco potrebbe essere sia un capolavoro sia una boiata pazzesca: per chi scrive trattasi sicuramente di uno dei tre più bei dischi dell'anno ma magari è solo il mio equilibrio cosmico che sta degenerando in un Caos informe (o in un Ordine che, da bravo essere di carbonio, non riesco, ancora, a capire).

Mo. 

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