"Il mio eroe? Sicuramente Muddy Waters.. conosco bene la sua musica, è sublime. Conosco anche lui di persona, vero gentiluomo, tutto il contrario di me..". Keith Richards descrive così uno dei più importanti e fondamentali artisti del secolo scorso, un uomo che con la sua musica influenzò schiere di artisti delle future generazioni.
Basti pensare a quanti sono stati influenzati dal suo blues; Johnny Winter (che collaborò con lui in alcuni album della fine degli anni '70), Brian Jones (che diede al suo gruppo proprio il nome di una delle canzoni di Waters "Rollin' Stone"), Alvin Lee, Eric Clapton, Mayall, Jimi Hendrix, Jimmy Page degli Zeppelin, una serie interminabile di artisti che amarono profondamente la sua musica.
Nato a Jug's Corner, piccolo villaggio rurale nel profondo Mississippi, il 4 aprile 1913 (o '14 o '15, non si sa per certo l'effettivo anno di nascita, anche perché in quei anni le registrazioni anagrafiche erano fatte un po' alla cazzo di cane) il piccolo McKinley Morganfield fu soprannominato Muddy Waters (acque fangose) dalla nonna per la sua abitudine di giocare con gli altri bambini lungo le rive paludose del grande fiume americano. Fin da piccolo suonava tutto quello su cui poteva mettere le mani e le prime rudimentali lezioni di chitarra le imparò dallo zio, ma il suo primo ingaggio arrivò come cantante nel gruppo locale dei Son Sims Four, con i quali si esibiva in piccole feste la sera, mentre lungo il giorno lavorava come bracciante nelle campagne. Per arrotondare distillava whisky di contrabbando e fu per questo che nel '41, quando Alan Lomax lo andò a cercare per registrarne la musica, lui scappò per alcuni giorni, credendo fossero venuti a cercarlo per arrestarlo. Infine Lomax riuscì a fargli registrare qualche canzone ed in Muddy crebbe la consapevolezza di poter guadagnare con la musica e non si fece perdere l'occasione. Nel '43 partì alla volta di Chicago, la mecca del blues, dove iniziò ad esibirsi a feste, fiere e in piccoli locali, lavorando di giorno in fabbrica. Dopo un certo periodo riuscì ad incidere i primi dischi presso gli studi della Chess Records dei fratelli di origine polacca Phil e Leonard Chess, i quali dopo vari tentennamenti, decisero di metterlo sotto contratto. In quel periodo si appassionò di chitarra elettrica, imparando ad usare anche un plettro da pollice per amplificarne il suono, ed esibendosi con altri grandi bluesman come Memphis Slim e Tampa Red. I suoi primi successi furono "Can't Be Satisfied" e "Feel Like Goin' Home" che gli diedero la prima notorietà tra la popolazione afroamericana (i bianchi non erano ancora amanti del blues, considerato "musica dei negri", mentre prediligevano jazz e swing), canzoni che esprimevano l'indipendenza e la solitudine degli immigrati dal Sud. Negli anni '50 Muddy era già molto celebre, soprattutto nella "Windy City", scrivendo veri e propri capolavori del blues come "Rollin' Stone", "Hoochie Coochie Man" e "Train Fare Home", che gli diedero grande notorietà.
Curioso e pensare che, quando non erano impegnati nelle registrazioni o quando un loro disco andava male, per recuperare lo stipendio molti bluesman della Chess (tra i quali anche Waters) erano impegnati a svolgere faccende e piccoli lavori per la sede della casa discografica, come tinteggiare o cambiare la tappezzeria alle pareti.. incredibile! (mi piacerebbe proprio vedere i vari Mengoni o Fabri Fibra guadagnarsi la pagnotta così). Il disco che lo consacrò fu senza dubbio "At Newport", grande live che metteva in evidenza tutta la bravura ed il carattere del musicista, accompagnato dalla sua band, in cui militavano grandi personaggi come Otis Spann al piano, James Cotton all'armonica e Pate Hare alla chitarra, straordinari musicisti che arricchirono la musica del nostro. Il festival di Newport quell'anno fu parzialmente rovinato da un gruppo numeroso di giovani ubriachi e violenti che cercarono di entrare di forza per assistere all'esibizione del sabato sera. La direzione del concerto decise di concludere già nel pomeriggio il festival, e l'esibizione di Muddy Waters fu l'ultima ad essere permessa. La band si esibì in modo eccezionale, l'alchimia di gruppo si fece sentire e lo spettacolo fu applaudito da tutto il pubblico presente, rapito dalle sanguigne esecuzioni di puro blues di pezzi come "I Got My Brand On You", "I Feel So Good", e le classicissime "Hoochie Coochie Man" e "Baby, Please Don't Go". Lo spettacolo scivola veloce, Waters dà il massimo con il suo slide e Otis Spann arricchisce il tutto con il suo piano delicato e preciso, alternandosi con la straordinaria armonica di Cotton, che emula il suo idolo Little Walter. La chiusura è affidata a "Goodbye Newport Blues", cantata da Spann, logica conclusione ad un pomeriggio di grande musica.
Questo disco dal vivo fu un grande successo, al pari o forse superiore al "Live at Regal" del grande BB King; un album che fece innamorare del genere anche molti ragazzi bianchi e che si può considerare uno dei dischi più influenti per le generazioni di musicisti future..
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