"ELECTRIC MUD" di Muddy Waters e di un gruppetto di sessionmen è con molte probabilità il primo e storico connubio tra blues e rock.

Paroloni come capolavoro, pietra miliare, svolta sono abusati e non li userò ma sicuramente nel '68 in molti, storcendo il naso, si chiesero cosa fosse passato per la mente a dei celebrati musicisti del più tradizionale dei generi afroamericani, per cimentarsi con chitarre elettriche, distorsori e quant'altro potesse far sembrare il suono del Delta del Mississipi un lontano ricordo. Beh si sbagliavano e di grosso.

La svolta elettrica del blues si compì in uno studio di registrazione della benemerita Chess Records e diede un impulso straordinario a generi e sottogeneri e ad artisti di tutte le confessioni musicali e oserei dire che fu per il blues quello che tre anni prima fu per il folk quando Bob Dylan mandò in confusione i puristi del genere presentandosi al Newport Folk Festival per la prima volta in perfetta tenuta elettrica. I tempi cambiavano e gli strumenti elettrici erano parte dell'evoluzione.

I brani celeberrimi di questo album, nonostante la ruvidezza del suono, appaiono oggi come i vagiti del rock-blues che alcuni vogliono influenzati da Hendrix, altri da una certa psichedelia imperante. Certo è che è musica godibile, ben suonata e innovativa. Comunque la pensino gli storici è vera musica. Buon ascolto.      

 

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