"It Still Moves" è la terza prova in studio della creatura di Jim James, vero deus ex machina dei My Morning Jacket.  James, scrive i pezzi e produce il disco che esce per la ATO, label fondata da quel geniaccio di Dave Matthews, all'epoca del disco, costola della RCA. Oliati i circuiti, la macchina di Lousville sembra pronta a partorire il disco della maturità. Spicca su tutto una composizione che potremmo  definire, "torrenziale".

Una tracklist di dodici pezzi, dieci dei quali hanno una durata compresa tra i cinque e i nove minuti. Arrangiamenti, dunque, articolati e con chiari riferimenti ad un retaggio musicale che spazia dal blues, all'hard rock classico, per arrivare a registri southern  e alt-country. Nonostante James abbia deciso di ispirarsi ad uno spettro sonoro piuttosto ampio, la prova  risulta densa e decisamente compatta (salvo qualche eccezione). Rari sono i momenti in cui, il lavoro di James e soci mostra il fianco; del resto, in un disco di oltre settanta minuti, sono accettabili dei momenti di stanca.  

"Mahgeetah", testimonia la provenienza sudista del gruppo (Kentucky); traccia d'apertura del disco, ha chiaramente i connotati di una southern - song, intrisa di quella vena "alternative" che pervade il pentagramma dei "Jacket". "Dancefloors", sembra uscita direttamente dalle sessions di "Exile on Main St." degli Stones. Il sapiente utilizzo di una sezione di fiati, rende corale un pezzo dal finale travolgente. "Golden" (uno dei due pezzi a stare sotto i cinque minuti) è una ballad alt-country, con tanto di armonie vocali in perfetto stile country. "Master Plan",  mostra un hard - rock energico che richiama il Neil Young di "Rust Never Sleep". Nulla viene lasciato al caso, James muove le redini facendo sapiente uso delle proprie conoscenze musicali.  "One Big Holiday" è il pezzo che vale un'intera carriera, una di quelle canzoni destinate alla coverizzazione più sfrenata. Esecuzione e produzione impeccabili, arrangiamento da urlo, una rock song  perfetta senza sbavature. Le riproposizioni di questo pezzo dal vivo mostrano un intreccio chitarristico, tra  Jim James e Johnny Quaid, da brividi. L'eterea e chilometrica "I Will Sing You Songs" mostra come i My Morning Jacket abbiano imparato a destrutturare il formato canzone e ad utilizzare anche registri psichedelici. L'alt- ountry di "Easy Morning Rebel", diverte e trascina. L'alcoolica chitarra di "Run Thru" ricorda l'impareggiabile "Cortez the Killer", altro pezzo destinato a diventare un classico da concerto e inserito, dalla rivista Rolling Stones, tra le 100 performance chitarristiche migliori di sempre. Nella seconda parte, il pezzo si trasforma in un hard-rock sfrenato e trascinante, per poi tornare al tema dell'intro, mostrando le grandi capacità del gruppo a creare arrangiamenti, alternando più registri nella medesima canzone.

Un momento di stanca è rappresentato da "Rollin' Back", una ballata davvero troppo lunga e decisamente "lenta". Stanca dalla quale si salva "Just One Thing", con i suoi tre minuti di durata, il pezzo più breve dell'intero album. Una ballata anche questa, che si lascia piacevolmente ascoltare. "Just One Thing" e "One in the Same" chiudono l'album, non senza lasciare nell'ascoltatore l'idea che si poteva essere meno prolissi.

La trasbordante vena del gruppo e le tracce chilometriche non costituiscono una limitazione, ad esserlo è, semmai, la scelta di una scaletta troppo prolissa, alla quale, probabilmente, avrebbero giovato un paio di tagli. Con qualche messa a punto (arrivata con il successivo "Z") i My Morning Jacket dimostrano di poter stazionare nell'universo alternative americano, ricoprendo un ruolo di primissimo piano.

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