I Napalm Death godettero di un apice di notorietà soprattutto dopo il loro debutto (1987) e almeno fino ai primi anni '90, quando furono poi assimilati da un filone che essi stessi avevano contribuito a generare e in cui, in qualche modo, si dispersero fisicamente. Membri dei Napalm, infatti, vantano un curriculum di collaborazioni e side-projects piuttosto cospicuo.

L'album con cui si rivelarono al mondo intero era "Scum" (letteralmente schiuma intesa come feccia). Sulla copertina verde del vinile era attaccata una label adesiva che dichiarava più o meno questo: l'incontestabile più veloce band del mondo - 28 brani di furioso brutale grindcore.

Di musica furiosa e brutale se ne era già ascoltata parecchia intorno alla metà degli anni '80. A partire dal fulgido capolavoro degli Slayer "Reign in blood", l'impero delle chitarre distorte sembrava già destinato ad avere una massiccia influenza sulle generazioni a venire e sull'evoluzione del metal in senso largo. Ma la novità bizzarra ed estrema della band di Lee Dorrian e Mitch Harris era proprio l'estremizzazione della velocità di esecuzione, che rasentava il frullato sonoro in senso stretto: batteria martellata in un continuum di piatti-rullante-cassa pressocè simultanei, chitarre martoriate, basso distorto e voce cavernosa con una percentuale di comprensibilità delle parole del 10%.

Tranne qualche squarcio lirico di impronta più tradizionale, che appariva qua e là, le tracce di "Scum" scorrevano inesorabili verso un imbuto di follia magmatica, trascinate da uno spirito anarcoide (che si evince nei contenuti soltanto leggendo i testi) e da una volontà distruttiva che rendeva onore al nome stesso della band.

Momenti di puro divertissiment negli urlati a squarciagola, che si alternano a brontolii demoniaci degni di un gargarismo con la pece rovente, portano al parossismo geniale di pezzi come "You Suffer", che dura talmente poco da risolversi in un solo giro di puntina (sul vecchio vinile) e produce una specie di rantolo bestiale: le uniche quattro parole del testo ("you suffer but why?") si condensano in un solo secondo!

La svolta estrema dei Napalm Death, tuttavia, era un punto di arrivo da cui difficilmente ci si sarebbe potuti schiodare. Infatti, se gli Slayer all'epoca sembravano spiacevolmente rumorosi rispetto agli standard del metal e poi acquisirono a loro volta uno standard comprensibile ed evolvibile, i coevi Napalm segnarono il confine ultimo tra rumore e musica e a tutt'oggi i brani di "Scum" continuano a sembrare spicevolmente rumorosi! Sta di fatto che anche le loro produzioni più recenti ("Smear Campaign" ad esempio) non si discostano molto dai parametri di "Scum".... anzi, se vogliamo hanno raffinato parzialmente lo stile sgrossandolo da certe approssimazioni dei primordi.

Intenso e determinante, comunque, l'apporto del loro manifesto ideologico, in cui la musica sembra più un'esternazione fisica che il fulcro nodale del messaggio lanciato contro le multinazionali e lo sfruttamento dei popoli. Il vampiro teschiato della copertina che protegge i feudatari dell'industria chimica e delle banche getta un'ombra sinistra sui volti emaciati delle genti del Terzo Mondo: i Napalm Death esprimevano con tutta la furia possibile i contorni di un concetto che ha più bisogno di grida inumane che di liriche. Ecco allora che poco ci importa della comprensibilità dei testi (peraltro scritti nell'inserto): lo strazio della povertà e dello schiavismo genera l'eruzione tonitruante della band più veloce del mondo.

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