Tra i tanti difetti che ha l'essere umano c'è n'è uno che voglio analizzare ora: non ci sta mai bene niente! In campo musicale questo difetto consiste nel desiderare dai nostri beniamini una svolta, una sperimentazione, che poi però non ci sta bene... e , fra i tanti casi, c'è quello de "L' uomo sogna di volare", disco che non è piaciuto nè a critica nè a fan che hanno trovato troppo "brasiliano" il nuovo sound degli aretini.
Questo album è gradevole e, cosa più importante, è diverso dai precedenti lavori dei Negrita. Certo, non è un capolavoro, sia chiaro; "Sale" inizia con un buon riff e già si notano i primi segni di sperimentazione: una parte rappata (molto scontata ed inutile) che fa perdere molta qualità a una canzone discreta. La title track è una tranquilla song molto piacevole caratterizzata da una leggera chiatarra acustica che accompagna l'arpeggio di una pulita elettrica. Il testo è molto chiaro: si parla dell'uomo che "scrive sui muri 'noi siamo tutti uguali' ma prega nel buio 'la sorte del più debole non tocchi mai a me' "; "Mother" prova ad essere un reggae con risultati non eccelsi ma nemmeno da buttare (il testo invece è un pò banale).
La quarta traccia è il capolavoro dell'album: "Greta"; anche qui si nota subito un ritmo non proprio "italiano" che poi prenderà il controllo nello strepitoso finale pieno di tamburi e rullate brasiliane. La song è molto malinconica, soprattutto nel pre chorus, ma allo stesso tempo riesce ad essere solare. "Destinati a perdersi" invece parte con una chitarrina da falò e fa presagire in un clima di serenità, ma nel ritornello si cambia aria con una melodia pop e frasi tipo "trascinandosi le gambe tremano"... "Rotolando verso sud" è la pietra della discordia: hanno detto che è commerciale... e allora? Hanno detto che è la brutta copia della canzone stile Manu Chao... e allora? È una canzone terribilmente orecchiabile ed estiva, non c'è nulla di male. "Il mio veleno" forse è l'unica traccia che ha nel dna qualcosa dei vecchi Negrita, quelli rock incazzosi ("mantenere la calma non fa parte del ruolo che ho") e scanzonati ("il mio karma traballa e piscio spesso di fuori"); il tutto su un muro di distorsioni e watt.
Il compito di mettere tristezza ai cuori deboli tocca a "Tutto bene", una song acustica a mio parere spettacolare che forse però ricorda troppo gli Zero Assoluto, soprattutto nel modo sussurrato di cantare, ma che lascia il segno (specialmente a chi ha il cuore un pò infranto). Dopo esserci asciugati i lacrimoni torniamo a saltare con il rock strambo di "Alzati teresa". "La violenza funziona, la rabbia funziona, il panico rende, il popolo spende beatificando crimini ed economie" si canta nella conclusiva e politica "Il branco" dove il sound è brasiliano al 100%... in definitiva un album buono, un esperimeto ben riuscito che purtroppo non è stato molto apprezzato.... i Negrita restano comunque una delle poche realtà del panorama musicale italiano.
Lode al branco!
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