Fondere, accostare, unire generi musicali completamente differenti risulta tanto difficile quanto inventare un genere nuovo. La scelta sperimentale di questo progetto francese di Nicolas Alkariis non è affatto paragonabile a quella di Niege in Alcest o degli Organ, pur risultando in apperenza simile: sonorità rock e metal, black metal compresenti nello stesso album.
Ma mentre il fallimento degli Organ, palesemente grottesco, e la perfetta fusione di post-rock e black metal di Alcest tendono a esplorare nuovi varchi nella nebbia della ripetitività che ammorba il cervello di chi necessita di fantasia, il progetto H.O.P.E (Human Or Pain Existence) cerca di esaltare la dualità dei due generi che si alternano, più che fondersi. Ne risulta un mosaico di stili che, visto nell'insieme, da l'illusione della novità, ma, nello specifico, da palesi punti di riferimento.
Le influenze enormi sono principalmente di elettronica sperimentale che fa solo da collante tra rock e riff, tempi, tremoli e timbri vocali dediti al black metal.
La faccia rock si permette di plasmarsi troppo-quasi-sempre allo stile decisamente inconfondibile dei Muse...
... con tanto di falsetto alla Matt Bellamy. Sembra uno scherzo, ma l'ispirazione è inconfondibilmente quella. A partire dalla prima traccia, "My Own Interior Way", ma passando per più o meno tutte, fino alla clamorosa "An Ordinary Morning", a mio parere la più evidente in questa caratteristica e pertanto la più riuscita di tutto l'album. Nella stessa però, come anche in "Chateau Noir" però non viene meno la parte black, che farà parte di ogni traccia dell'album come una moneta ha sempre la parte opposta a quella che stiamo guardando.
Giocando su questa ambiguità anche nelle liriche prevalentemente inglesi, la risultante finale è ciò che meglio rappresenta la contraddittorietà e l'ambivalenza che insieme, entrambi, determinano l'incoerenza tipica dell'essere umani.

L'album risulta leggero o pesante o sgradevole da subito, proprio perchè non c'è da assimilare nuove concezioni musicali, Nicolas Alkariis è solo un ottimo sarto che sa cucire bene insieme ciò che già esiste.
Tecnicamente si può parlare di una evidente bravura nel manovrare l'elettronica e gli strumenti a corde, in ogni salto emotivo. La batteria è programmata, e quindi non suonata. Il cantato risulta piacevole in entrambi i casi, per questo raramente accontenterà qualcuno. Del resto chi ha il coraggio di ammettere di essere incoerente?

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