Nella ormai quarantennale carriera di Neil Young, gli anni '80 rappresentano la traversata del deserto. Il tormentato passaggio tra la decade precedente, di cui è stato l’indiscusso primattore, e gli anni '90, in cui Neil cavalcherà felicemente la stagione grunge, inaugurando una rifioritura artistica che perdura fino ai giorni nostri. 

Reduce dal trionfo di “Rust Never Sleeps”, Neil inaugura il suo decennio più infelice nel 1980 col controverso “Hawks & Doves”. La mente del Canadese è occupata da gravi problemi familiari per le malattie dei figli, e c’è inoltre un contratto da rispettare. “Hawks & Doves” è quindi confezionato in fretta, in maniera decisamente schizofrenica e ciò ne inficia la riuscita

La prima facciata è interamente acustica, e Neil ripesca 4 episodi dalle sessions del periodo d’oro 73-76, persino da quelle del leggendario e mai pubblicato  “Homegrown”. La qualità presente è perciò decisamente alta, benché suoni un po’ fuori tempo massimo.  “Little wings”, “Captain Kennedy” e “Lost In Space” sono tre gemme folk di squisita fattura, e fungono da damigelle d’onore al capolavoro “The Old Homestead”,  lunga e sopraffina composizione. Qui Neil incupisce le atmosfere di “Last Trip To Tulsa”, rappresentando un cowboy solitario in viaggio nel Cuore di tenebra degli anni '70 e dei suoi miti spezzati, forte di un criptico e vivido lirismo. Un pezzo che sarebbe stato perfetto tra i solchi di “Brokeback mountain”.

La seconda facciata purtroppo non è dello stesso livello. Affiancato dalla steel guitar di Ben Keith e da un gruppo nuovo di zecca, Neil percorre i sentieri di un country-rock sgangherato e di maniera.  Se “Coastline” e “ Stayin’ Power” rappresentano teneri affreschi dei disagi familiari del periodo, gli altri episodi  - in particolare la title-track -  risultano invece abbastanza fastidiosi, suonando paradossalmente  come soundtrack di quell’ immaginario sudista  messo alla berlina a suo tempo da Neil in episodi memorabili come  “Southern Man” o “Alabama”.

La natura controversa cui si accennava all’inizio è data dalla dimensione politica che avrebbe dovuto avere il disco in questione nelle intenzioni del suo autore, ma che non si concretizzò appieno per il poco tempo dedicatogli .  “Falchi e colombe” appunto, con riferimento al contesto politico americano del periodo, nel passaggio dalla colomba Carter al falco Reagan , in un contesto internazionale tumultuoso. Pezzi come “Union Man”, ”Comin’ Apart At Every Nail” o la titletrack satireggiano beffardamente gli stereotipi reaganiani, anche se alcune spiazzanti dichiarazioni di “cavallo pazzo” Neil lo fecero inserire persino tra i supporters del cowboy alla Casa Bianca. Banalità che Neil Young davvero non merita.

 

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