Con questo storico concerto si apre la serie di live shows che vedranno la luce nel progetto Archivi di Neil Young, che ripercorrerà la sua carriera aggiungendo un bel pò pò di materiale alla sua già sostanziosa discografia.
Questa prima (ma non cronologicamente parlando) pietra miliare registrata nel marzo 1970 in due date al Fillmore East, ci presenta l’originaria line-up dei Crazy Horse, vale a dire con Danny Whitten alla chitarra ritmica, quel Danny Whitten che morirà pochi anni dopo a causa dell’eroina e che getterà Young in un periodo buio ma estremamente creativo. La potenza sonora di questo concerto è disarmante, l’età dei master sembra ancor più valorizzare la ruggine che i Crazy Horse portano sul palco. La scaletta è breve per la scarsità del materiale recuperato, ma quelle 6 solinghe canzoni valgono come diamanti.
Innanzitutto le due cavalcate di “Down By The River” e “Cowgirl In The Sand” (12 e 15 minuti rispettivamente, ovvero metà disco). Grazie al virtuoso duettare Young-Whitten, giovanissimi rampanti cavalli pazzi sul palco, splendono più delle versioni da studio (album Everybody Knows This Is Nowhere, esordio dei Crazy Horse, 1969, solo qualche mese dopo l’esordio di Neil Young solista con l’album omonimo).
Altre due gemme sono “Winterlong” e “Wonderin’”. La prima è presente sull’antologia "Decade" in versione elegante, da studio, ma è poco in confronto alla passionaria, emozionante veste originaria proposta al Fillmore. Così anche per la seconda, presente in una versione brillantinata assai poco dignitosa su "Everybody’s Rockin’ ", e qui godibile alla sua nascita semplice e grezza (Young la presenta come una nuova canzone del loro nuovo album, “quando lo registreremo”; purtroppo questo non è mai avvenuto e la storia salta direttamente allo “Zuma” del 1976 quando ‘l’ago e il danno sono già stati fatti’). “Come on baby let’s go downtown” è già apparsa con tutto rispetto in "Tonight’s The Night", in una versione live molto simile e proveniente dallo stesso tour. Infine “Everybody’s Knows This Is Nowhere”, con cui inizia il cd.
Morale: questo cd è la testimonianza della nascita di un mito. I Crazy Horse avranno molti altri periodi d’oro, come nel ’76 e nel ’79, con Frank Sampedro al posto di Whitten. Ma qui siamo alle origini, agli albori, alla ruggine che andava formandosi nelle vene di Young & compari scorrendo all’impazzata e trasferendosi ai giganteschi Fender alle loro spalle. È la ruggine che ruggisce il primitivo urlo: start to rockin in a free world. Se amate Young sapete bene cosa intendo. Se lo conoscete poco, questo potrebbe essere il disco migliore per conoscerne il lato selvaggiamente elettrico.
Malcolm1985
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