Sono passati 2 anni dal primo lavoro dei Next To None, noti soprattutto per il batterista Max figlio di Mike Portnoy, cosa che tanti vedono come nepotismo ma io penso che uno può anche avere un papà che apre delle porte, ma se tu non hai le carte in regola, non le puoi attraversare e il quartetto di Lehigh Valley le carte in regola le ha eccome.

Ben lontani dall'aver definito il loro spazio nell'universo metal, la prima cosa da notare è che questi ragazzi, diciottenni o poco più, hanno deciso con coraggio e voglia di fare, di produrre autonomamente questo lavoro. Ogni paragone con produzioni di altre band è totalmente inutile, ovviamente col tempo impareranno a produrre meglio, ma a mio parere il risultato finale è decisamente apprezzabile.

Oggettivamente non si può dir nulla sulla tecnica e le ambizioni dei Next to None, ogni brano si presenta nelle parti metalliche con ritmiche veloci e serrate e il dualismo chitarra/basso che si mescola egregiamente con la batteria, richiamando quanto già sentito su “A light in the dark” ma con suoni più pesanti che a tratti strizzano l’occhio più al death moderno e al metalcore che al prog.

I suoni appaiono più rifiniti e le dinamiche migliorate rispetto al debut, mentre le liriche indicano l’avanzare del processo di crescita anzitutto umana anche con testi emotivi e introspettivi.

Le melodie risultano più curate e trovano spazio più ampio le sperimentazioni soprattutto di tastiera ma anche basso e chitarra che si muovono su nuovi lidi rispetto al passato.

Il risultato è certamente notevole e si notano gli sforzi compositivi e la ricerca di mescolanze di stili che si nota praticamente in ogni brano.

Non è un album immediato o da valutare dopo il primo ascolto, ma vanno cercati i punti di forza negli anfratti di ogni traccia.

Dei 12 brani spiccano “Alone”, con le sue variazioni dal metal melodico al thrash arricchite da un interlude quasi rock blues che fa tornare alla mente qualcosa del prog degli anni 70, che però denota che il cammino verso la ricerca della loro identità musicale, è ancora lungo.

“Kek” ottima in ogni sua parte, il bridge centrale è stupendo come l'attacco successivo carico di pathos, e anche se rende molto di più live, consiglierei l'ascolto di questo brano a chiunque, probabilmente diventerà un classico del repertorio dei N2N.

Da notare la prima suite della band “The Wanderer” che se si vuole definire in inglese sarebbe "less is more", in altre parole i quasi 20 minuti, denotano si l'ambizione e il coraggio dei 4 ragazzi, ma solo a tratti fanno sentire cose chiare e distinte, tante parti invece sembrano più che altro sperimentazioni non perfettamente connesse tra di loro. Per il numero di variazioni stilistiche, forse questa canzone poteva diventare un album intero, ma è comunque una dimostrazione della ricerca di un lavoro studiato e le potenzialità sono innegabili.

In ultimo la voce.

Thomas mantiene sempre l’alternanza scream/clean e onestamente credo che faccia un buon lavoro in ambedue, ma purtroppo si nota ancora l’immaturità nel tono ancora troppo da ragazzino (ha 19 anni non dimentichiamolo!) quindi attendo con ansia la maturazione.

La cosa che invece mi ha stupito di più sono le armonizzazioni tra Thomas, Derrick (chitarra) e Kris (basso) e ho sentito dal vivo e rendono parecchio.

In conclusione, ritengo sia un album al quale si deve dare una possibilità, non è indispensabile e non porta novità epocali, ma è un lavoro onesto e strutturato dove si trovano spunti interessanti nonostante il loro stile non sia ancora definito, ok ci sono tanti elementi che richiamano altre band e con ciò? Tutti si ispirano a qualcun altro, a mio parere è errato scartare a priori l’ascolto di un album di una band così giovane per un pregiudizio del genere.

Questo Phases si definisce da solo, è una fase della loro evoluzione e una volta lasciati i pensieri sulle varie influenze, si riesce ad apprezzare il prodotto che si ha davanti.

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