Era, è e sarà uno degli uomini di cinema più chiacchierati, criticati, ammirati, studiati degli ultimi anni. Forse per la sua personalità spesso sopra le righe, forse per il suo essere "contro gli schemi". Fatto sta che Oliver Stone ha contribuito a plasmare un certo modo di fare cinema, a partire da "Platoon" del 1986, passando poi per lungometraggi quali "Wall Street", e "Nato Il Quattro Luglio". Poi un vistoso calo di ispirazione, eccezion fatta per quel gioiellino perverso di "Natural Born Killers".

Per quanto riguarda il sottoscritto ammetto che la visione anni addietro di "World Trade Center" mi aveva fatto alienare completamente lo Stone regista. Un lavoro brutto all'inverosimile, bocciato praticamente da tutti. Anche il sequel di "Wall Street" è stata una mossa poco comprensibile, soprattutto se "l'originale" rimane uno dei suoi film più apprezzati. Fatto sta che lo scorso 2012 è uscito nelle sale "Le Belve", ultimo lungometraggio di Oliver Stone. Un titolo che ha subito incuriosito per il cast: i giovani Blake Lively, Taylor Kitsch e Aaron Johnson, ma soprattutto per la presenza di Salma Hayek, John Travolta e Benicio Del Toro.

Una storia di droga e violenza sul confine tra California e Messico. Due piccoli produttori che devono vedersela con il cartello della droga Baja, professionisti senza scrupoli che comprendono quale sia il punto debole dei due piccoli trafficanti Chon e Ben: la bella Ophelia, innamorata di entrambi. Un "amore trino" indissolubile. Nel momento in cui questo idillio viene spezzato crollano tutte le certezze su cui poggiavano i tre. E' l'inizio di una "guerra" al massacro fatta di rapimenti, minacce e uccisioni. E' la guerra per la sopravvivenza, la guerra delle belve.

"Savages" (titolo originale) è un film violento sia da un punto di vista filmico che "visivo": la fotografia di Daniel Mindel è sferzante, ai limiti del documentario/videogame. C'è insomma quell'aspetto tipicamente contemporaneo che da alla vicenda un sapore più "tech" che vintage. Interessante è anche il contrasto tra la brutalità di alcune sequenze e i ripiegamenti interiori di alcuni protagonisti: in questo senso il rapporto tra la sequestrata Ophelia e la crudele Elena (Salma Hayek) è esplicativo del doppio binario su cui si muove la pellicola di Stone. Un film vivo e teso fino alla fine, reso vibrante da un doppio finale inaspettato e con una voce fuori campo (quella della bella Ophelia) che ci racconta come siano andate le cose e cosa sia successo dopo la fine di tutto. Leggermente sottotono invece la sceneggiatura di Don Winslow (autore del libro da cui è tratta l'opera) e Shane Salerno. A dimostrazione di ciò sembra che ci siano stati diversi screzi tra lo stesso Winslow e Stone, con il primo che accusava il secondo di voler stravolgere troppo la trama per adattarla alla sua idea di cinema. C'è da segnalare anche qualche piccola ingenuità direttamente legata alla storia: diverse sequenze oltre che prevedibili, appaiono evidentemente "finte", forse frutto di una vicenda di base che per quanto riguarda il "ménage à trois" non convince del tutto.

"Le Belve" è un film che fa intravedere lo Stone più intransigente e violento delle prime opere e che ha uno slancio di nuovo al passo coi tempi. Stone infarcisce il tutto con sottotrame e messaggi, dall'idea di famiglia, all'ecologia, all'antiproibizionismo. Di certo non si parla di un capolavoro, ma la pellicola in questione è una delle migliori cose fatte da Stone negli ultimi 15 anni.

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