Il dito scorre tra centinaia di DVD ben impilati in ordine alfabetico, ma mentre cerco di sceglierne uno mi rendo perfettamente conto che, tempo cinque minuti, mi sarò già stufato e mi ritroverò nel bar di fianco senza nessun cerchio rotondo di plastica da mettere nel lettore di casa. Così sfoglio il giornale e mi imbatto in un articolo che parla della teorica riforma finanziaria promossa con fervore a parole dal Presidente Obama in risposta alla crisi del 2008.

La storia narra le gesta di un pesce piccolo (Bud Fox), ma fortemente ambizioso, che brama dalla voglia di veder crescere sulla sua schiena una grande pinna pronta a fendere le acque dei mercati finanziarie e mettere in bella mostra file serrate di denti ben affilati tra le mandibole. E’ giovane e sbarbato, ma già stufo di fare il semplice brooker passando la vita al telefono per ricevere ed eseguire ordini da clienti che non contano. Non ce la fa a convivere perennemente con lo stress ed i ritmi frenetici e claustrofobici di una New York in espansione nella quale ci si deve fare spazio a spallate e calci. Guarda i suoi colleghi più anziani che dopo anni si arrabattano e cadono di fronte ad un software innovativo: cresce in lui la voglia di emergere. Incontra per fortuna/insistenza Gordon Gekko: un mito che incarna completamente il modello del self made man il cui unico imperativo è guadagnare tanto e subito con il gioco della compravendita sulla base di informazioni riservate strappate senza esclusione di colpi dai suoi collaboratori. Se si può avere un lauto guadagno, se è “fattibile“, un'azienda può essere comprata e distrutta in una giornata. Poco importa se questo possa significare mandare sul lastrico migliaia di persone. Giganteggia così Machiavelli: il come si arrivi alla gloria è del tutto secondario. “Si deve essere abbastanza intelligenti da non cadere nel più antico dei miti: l’amore ed i sentimenti in generale. Fantasie create dalla gente per impedirsi di buttarsi dalla finestra“.

Il film di Stone è una critica feroce al mondo finanziario imperante negli anni ’80, completamente privo di moralità e scrupolo, fotografato grazie alla caratterizzazione dei personaggi interpretati da un cast di qualità nel quale ruggisce e si erge un Douglas sopra le righe. Rilevante la scenografia, con la quasi totalità delle scene girate nei lussuosi e kitsch interni capaci di ben rendere questo mondo artificioso ed effimero basato sul possedere ed ostentare. Bud nella sua rapida ascesa quasi non riesce ad avere il tempo assimilare il repentino cambiamento della sua vita: “E' davvero reale tutto questo?“. Il regista lascia spazio ad un po’ di utopistica speranza nel finale. Il giovane broker, grazie all’appoggio del padre (un intenso Martin Sheen), riuscirà a rinsavire e capire che quella nella quale si è cacciato con tanta foga è una spirale senza via di uscita. Capisce che potrà fare la fine di una delle aziende smembrate da Gekko in un prossimo futuro: si guarda allo specchio e quello che vede non gli piace. Stone chiude il film dando un esempio positivo di reale pentimento. Mentre la telecamera sale inquadrando dall’alto New York, per l'ennesimo tramonto della pellicola, spera che anche l’America ed il capitalismo finanziario sfrenato in generale possano seguire quel gesto.

Sono passati oltre 20 anni e nulla è mutato in meglio. Wall Street è un'opera cinematografica attuale come poche: lo palesa il fatto che sia in fase di produzione il sequel. Basta leggere anche solo distrattamente il quotidiano in un giorno qualsiasi per constatare che il monologo (valso l’Oscar a Michael Douglas) nel quale Gekko loda con tenacia e fervore il valore superiore dell’avidità, trova ancora riscontro nella società contemporanea. Falsi in bilancio, speculazioni, errate valutazioni da parte delle agenzie di rating pagate dalle aziende che vengono giudicate, mutui subprime, derivati. Gran parte dei dialoghi di questo film sono verità che fanno male.

“Il più ricco 1% del Paese possiede oltre metà della ricchezza complessiva del P.I.L. Non sari mica così ingenuo da credere che viviamo in una democrazia, vero Buddy? E’ il libero mercato che regna e noi ne facciamo parte. Decidiamo le notizie, la pace, le guerre, le sommosse. Tutto“.

Ilfreddo

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