Gli One Republic hanno un problema, non vengono valutati obbiettivamente per quello che rilasciano, cioè musica di buon livello.

Troppo business, troppa gente intorno pronta a tutto pur di speculare.Forse proprio dopo la pubblicazione di questo disco, il talentuoso frontman Ryan Tedder, polistrumentista, ottimo cantante (voce tra le più versatili in giro, capace anche di un falsetto perfetto) autore praticamente di tutto, testi e musiche ne ha preso coscienza dedicandosi esclusivamente all'attività live che è da sempre il punto di forza della band.

Formatasi a Colorado Springs il gruppo inizia a muovere i primi passi nel 1996 e fino al 2007 è in giro, senza nome e senza fama, a farsi le ossa; nel 2007 è finalmente successo grazie ad un disco di pop molto raffinato Dreaming out load che dà loro molta visibilità e soprattutto li rende gli antagonisti dei Coldplay, paragone questo che peserà molto sul futuro della band e che secondo me non rispecchia la realtà: le affinità ci sono, ma gli One Repubblic sono americani e si sente, attingono ad un pop con venature soul che è praticamente assente nella produzione di Martin & Co. Nel 2009 è la volta di Waking up, per me il disco migliore al momento, un disco dove il pop viene arricchito di elementi rock psichedelici; segue Native nel 2009, buono ma inferiore ai primi due. E siamo al 2016, a questo Oh My My. Un disco estremamente ricco, ricco di arrangiamenti, di ottime intuizioni musicali, tutte sul binario, come nella natura di questa band, del pop maun pop di buona fattura ed aperto a contaminazioni e sperimentazioni intelligenti.

Let's Hurt Tonigth, apre il disco ed è un brano eccelente, acustico nell'incipit, ma presto si sposta su un territorio di gospel-soul, trovando una forma molto personale: quanto è facile plagiare dal passato quando ci si muove su questi generi, cosa che qui non succede. Oh My My è un brano accattivante, un disco-funky, semplice guidato da una linea di basso assillante, sempre in primo piano nel pezzo:anche qui sarebbe stato facile richiamare i maestri attuali del genere, Jamiroquai o gli ultimi Daft Punk, ma il brano non dà di già sentito, resta molto personale;stesso cuore funky si sente su Dream, qui però l'atmosfera è meno essenziale, più ricercata, anche in questo caso il pezzo è originale ed interessante. Choke è un gospel pianistico che si rifà ai grandi maestri americani del genere, ottima prova vocale di Tedder, tra acuti e falsetti che non è facile oggi sentire (dal vivo vi assicuro che è tutta farina del suo sacco, il ragazzo sa cantare). A.I. è un pop-dance sperimentale che vede la partecipazione di Peter Gabriel, brano poco commerciale malgrado l'etichetta pop, coraggioso, che si chiude con un finale melodico-strumentale raffinatissimo sul cantato di Gabriel veramente da brividi. Better è un altro esperimento riuscito, un pezzo sincopato, quasi un reggae rallentato, con cori gospel molto belli nei ritornelli. Fingerprint è una ballata semplice guidata da una chitarra elettrica appena pizzicata ed una voce che si produce in un falsetto bellissimo.

Consiglio questo disco a chi vuole ascoltare musica pop di qualità, perchè il pop se coraggioso, e' musica che vale la pena, ogni tanto, ascoltare.

Elenco e tracce

01   Let's Hurt Tonight (00:00)

02   Fingertips (00:00)

03   Human (00:00)

04   Lift Me Up (00:00)

05   NbHD (00:00)

06   Wherever I Go (00:00)

07   All These Things (00:00)

08   Heaven (00:00)

09   Future Looks Good (00:00)

10   Oh My My (00:00)

11   Kids (00:00)

12   Dream (00:00)

13   Choke (00:00)

14   A.I. (00:00)

15   Better (00:00)

16   Born (00:00)

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