Non è per niente semplice riuscire a catalogare un gruppo come gli Opeth, il loro sound è tutto fuorchè univoco, nei loro lavori è possibile ritrovare contaminazioni di vari generi musicali quello di fondo risulta essere sicuramente il Death metal genere al quale era dedito il primo singer del gruppo David Isberg, ma con la sua dipartita nel '92 e il passagio al ruolo di leader di Michael Akerfeldt la musica cambiò decisamente, il nuovo capofila indirizzò il gruppo verso la creazione di un nuovo stile musicale imperniato oltre che di death anche di sfumature progressive che rimandano ai Pink floid o ai Camel, passaggi blues e jazz e soprattutto gothic. Si può ben dire che gli Opeth abbiano dato vita ad un loro personalissimo genere che li rende unici e riconoscibili in ogni loro ascolto.

Ma passiamo ora alla descrizione dell'album protagonista di questa rece, ovvero "Stll Life". Concepito nel 1999 "Still life" è il quarto studio album della band svedese, il primo dove compare in formazione il bassista Martin Mendez. "Stll life" è un concept in cui viene narrata la storia di un uomo che dopo un lungo esilio torna dalla sua amata Melinda.

Un riff lento e ripetuto fa da introduzione al mondo di Still life e segna le prime note di "The Moor" prima traccia del disco dove il breve arpeggio iniziale non è altro che la calma prima della tempesta che trova l'apice della sua furia con l'igresso sulle scene di uno dei più potenti e rocciosi growl dell'intera scena metal, quello di Mr. M. Akerfeldt. Il singer dimostrerà di essere non solo un ottimo esponente del growl ma durante questa "piccola" prodezza di 11 e passa minuti come in tutto il resto dell'album farà sentire di saperci fare anche col pulito.
"The moor" mette subito in chiaro che agli Opeth non piace giocare semplice, gli svedesi si divertono a spiazzare l'ascoltatore proponendo una continua alternanza di momenti crudi e malvagi a parti melodiche e riflessive, prerogativa questa che rappresenta un vero e proprio marchio di fabbrica della band scandinava.

L'inizio di "Godhead's lament" è travolgente e non lascia spazio a ripensamenti. Il gruppo mette in luce una volta di più le sue grandissime capacità, oltre al già citato singer anche i restanti membri sfoggiano una prestazione da lode, il drumming di Lopez è quanto di meglio si possa desiderare, il ragazzo ha una precisione ed una dinamicità disarmanti suona lo strumento con classe accompagnando e sostenendo ogni traccia senza mai eccedere in esagerazioni stilistiche che altrimenti snaturerebbero il pezzo, la sezione ritmica si completa con Mendez (anche lui uruguagio d'origine come Lopez) bassista meno eclettico del precedente Johan De Farfalla ma dotato comunque di grandi capacità, per quanto riguarda le guitars, sono le sapienti mani di Peter Lindgren e dello stesso Akerfeldt a creare e dar forma a dei riff che in Still life risultano essere tra i più riusciti di tutta la discografia Opeth.

Un discorso più profondo lo merita la terza traccia "Benighted". Purtroppo la gran parte della gente associa alla figura del metallaro elementi quali : satana, la violenza, la cattiveria ecc.. ecc.. dipingendo chi ascolta un certo genere di musica come un bruto senza anima e cuore. Ora che l'Heavy metal e i suoi derivati siano generi "rabbiosi" questo non lo nega nessuno, ma questo non vuol per forza dire che all'interno dell'immenso calderone heavy non ci sia gente in grado di toccare il vostro lato più sensibile con la musica. E' alle persone di mentalità ristretta che mi rivolgo quando parlo di "Benighted" uno stupendo pezzo acustico che dimostra come anche gruppi dediti a generi estremi siano in grado di dar vita a song melodiche di ottima fattura. Non fatevi guidare dal pregiudizio ma cercate di esplorare fino in fondo ciò che v'intimorisce solo per sentito dire, potrebbe sorprendervi.

Nel bel mezzo del cd troviamo "Moonlapse Vertigo" altra suite di 9 minuti in cui gli Opeth dimostrano una volta di più il loro incredibile stato di grazia. A seguire ecco arrivare "Face of Melinda" dove viene descritto il momento in cui il protagonista del concept e la sua amata Melinda si ritrovano dopo il lungo distacco, qui la voce di Akerfeldt è un sospiro che ci sfiora l'anima, il brano in questione è un sussurro che trova corpo e sostanza nella parte finale in cui subentrano prepotenti le chitarre che pian piano si dissolvono e ci portano alla successiva "Serenity painted death". Quando in precedenza parlavo di riff tra i più riusciti, di sicuro tra questi bisogna mettere quello di Serenity painted death uno dei giri di chitarra più famosi, se non il più famoso del gruppo svedese. Ma questo brano non vive solo di un ottimo riff, in questo pezzo c'è tutta la maestria degli Opeth, il growl di Akerfeldt ti aggredisce l'udito cupo e malvagio Lopez è granitico dietro le pelli con innesti di doppia cassa che danno ancor più volume e completezza alla canzone e il resto della band segue l'andazzo non calando mai di tono.

"White cluster" è il brano di chiusura altra chicca di 10 e più minuti. Anche qui il singer alterna con sorprendente semplicità il growl con il cantato pulito, e il gruppo segue instancabile i suoi continui cambiamenti di linea vocale, ennesima conferma.

Che dire di più gli Opeth con "Still life" collezionano uno dei loro migliori dischi di sempre, chi li ama non può non averlo chi non li conosce si affretti a farlo se odiate il metal estremo peccato vi perdete un grand'album.

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