Per gli eventuali e legittimamente annoiati/pigri/svogliati de-passanti chè magari (pòstisi alla ricerca dei Really Pùrulent Ascells of Cetra Quartet) hanno ciccato per sbaglio in questa immonda de-pagina e (giustamente) non necessitano nè intendono andare oltre/aldilà delle prime due/quattro righe: cotanto (doppio) Orbitale ibrido è perlomeno molto bellissimo!
Amen! Andate in pace (e, nella eventualità lo riteniate opportuno, moltplicateVi).
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Un qordiale de-benvenut_ a tutt_ (due/tre pazientissimi/restanti).
Niente di nuovo sotto l'ellittica Orbita(l) Solare: sosterranno i più. Talvolta, e per fortuna, le stellari e vitali irraggiazioni possono essere, ancorché non di primissima rifrazione, fonte di rasserenante giuoia e giuoviale estatica/partecipata ausculto-satisfactionem. Fin dalle techno-esordità ho scovato nei due Hartnoll Brothers quel ineguagliabile quid addizionatoreo-qualitativo-nonplusultristico rispetto alle contemporanee figure (non solo Hal+bioniche) chè si sono cimentate nella irta arte (perdonnez-moi l'improbabile giuoco di words) della più o meno (s)composta danza elettrotechnicae.
Nonostante ciò e alla luce della presente sortita del triplo manufatto (Dos Cì Dì + allegato DìVùDì) in quaestionem, invero mi sono e ho chiesto, senza ottenere in cambio esaustiva replica*, quale senso compiuto (prescindendo da quella attinente la monetarietà della operazione posta in essere chè affatto attiene la sfera terzo-fruitorea sé non dal punto di vista dello "scomodo" esborso) abbia realizzare in ambito puramente elektronico esibizioni catturate "dal vero" [come è notorio oggi, contrariamente agli albori di questa tipologia espressiva, infinite tonnellate di qualsivoglia patterns possono essere pre-registrati/immagazzinati/mnemonizzati su microbici (home)compiuterz riducendo la sùpposta exhibitionem ad una pura e semplice operazione di toponomastico play & stop]: sé ciùò poteva avere una certa qual misurabile logiqa nello scorso secolo-seculorum (seventies & quatrevingt-anta), ovvero il tentativo di riprodurre più o meno fedelmente quanto ingegnosamente e laboriosamente creato tramite mastodontici e non meglio classificati aggeggi musicalizzanti agli interni degli studi di registrazione {i famigerati, mitici, inaccessibili, Kling Klang Studios di Dùsseldorfiana memoria}, nel duemilesettebenpiùchèsuonato tutto ciò mi lascia tendenzialmente titubante sé non moderatamente quanto finanziariamente perplesso.
Però: Cari & Pa(z)zienti miei, quando ci si trova innanzi alle autenticamente fuorvianti electro-sventagliate mescolate alle corpose pachidermicità percussive regalate nella (addirpoco) ghost-gorica, roboticamente ultra-eqologica "The Girl With The sun In Her Head" (traccia dedicata alla Amica e Fotografa Sally Harding) tutti questi decerebrati onanismi privi di costrutto vanno letteralmente à farsi f. (riggere, of course) in men-chè-non-si dica. Questo coinvolgente, estenuante, trascinante, in commiserevoli-parole, bellissimo doppio/triplo lavoro, costituito e costruito come fosse un virtuale e transgenerazionale unicum konzerto, è stato plasmato intorno alle registrazioni che nel corso degli anni sono state catturate nel corso (pt. 2) delle molteplici Orbitalensis apparizioni durante i Concerti del noto Festival (NO Sanremo relationscippes) chè si tiene annualmente in quel di Glastonbury (UK), nell'ampio arco musico-temporale chè abbraccia il decennio 1994-2004.
Le due ore e passa condensate nei due circolari manufatti scorrono [surtout per chì ha apprezzato à josa, per svariati anni consecutivi, le integerrime e studiologiche electro-musicalità Orbitanti] nel più totale coinvolgimento ritmico-dinamico: si passa dai reiterati e tutt'altro chè prevedibili techno-junglismi di "Are We Here ?" (1994), alle sferzanti electro-dub-gibbosità di "Impact (The Earth Is Burning)" (1995) per giungere alla digital-clavicembalistico-corsara "The Box" (1999), le quali istigano dannatamente all'additivo ma necessareo calo pastiglioseggiante (Valda of course: si sa chè allo scoccare della seconda ora di qualitativo e irrefrenato, sudaticcio ballo la gola và absolutely salvaguardata). Non bastasse: Ragazzuoli miei, quando allo scoccare dei cinque-minuti-e-venticinque-secondi di "Halcyon" (1999) parte un inusitato campione/spezzone (riconoscibilissimo) della pop/rockettara "You Give Love A Bad Name" {Bon Jovi} miscelato alla perfectionem à "Heaven Is A Place On Heart" [Belinda Carlisle] si resta dapprima spiazzati, poi increduli, dunque sconcertati, indi attoniti ma poi definitivamente e piacevolmente stupefatti dall'argutezza sound-accostatrice dei due fratellini i quali perseverano come nulla fosse nella sicura e nota musicalità techno-Halcyonistica.
Insomma: memorabili musiqo Twins Hartnoll, voletese bene, fate pace (fatelo per Noi miserabili tritalamiere da mezzo tallero: già apparteniamo à una stirpe scarsamente riconosciuta socialmente e le cui satisfactioni si contano sulle dita della mano di un -ahiLui- amputato), datevele di sacrosanta ragione se proprio necessita, ma: ricongiungetevi (e moltiplicatevi, se lo riterrete opportuno, offe corse).
* non è chè ami parlare da solo: è che spesso nessuno mi stà ad ascoltare [gnè+gné]
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