La lezione impartita dagli Origin è, per certi versi, molto semplice e consiste nell'asfaltare l'ascoltatore dal primo all'ultimo secondo di durata del disco.

Poi ci sono modi e modi di asfaltare, e qui sta la differenza tra la formazione del Kansas e il resto della truppa, che si alimenta di quelle frattaglie putrefatte che rispondono al nome di brutal death metal, che nel caso specifico ormai ha sempre più affinità con il grindcore "bello e buono".

La cosa assolutamente impressionante è che gli Origin hanno dimostrato, sin dagli esordi (una decina di anni or sono), di aver perfettamente chiaro l'obiettivo che intendevano raggiungere e che può essere identificato con una specie musicale sicuramente estrema, ogni volta più compatta, tremendamente tecnica (addirittura virtuosistica), velocissima, qualitativamente all'avanguardia (sia per lavoro svolto in studio, che per sostanza delle canzoni partorite), feroce all'ennesima potenza e senza la minima esitazione nel momento in cui si tratta di radere al suolo qualsiasi eventuale ostacolo incontrato dalla forma d'onda d'urto sonora da loro edificata.

Con "Antithesis" gli Origin confermano quanto di positivo avevano già palesato nei tre album precedenti, però riescono nella non facile impresa di spingere persino oltre il baricentro della complessità delle composizioni, lasciando confusi, esterrefatti per come sia possibile concepire e suonare in tale modalità ossessivamente furibonda e forsennata senza mai sgarrare di una virgola. Complimenti.

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