Qual'è la differenza tra uno sputo giallo-catarro saldamente appiccicato all'asfalto e una goccia di rugiada che scivola tra le dolci curve di una foglia? È esattamente la differenza che intercorre tra il 90% delle release metal di questi ultimi anni e Mabool: Poesia e Classe, tutto qui.

Provengono da Israele, gli Orphaned Land, (o i "Terra Orfana", non a caso..) e sanno proiettare nella loro musica le affascinanti e calde poilifonìe della loro terra. Una terra bruciata dal fuoco di mille conflitti, dovuti alle diversità e alla presenza di numerose etnie, ma che richiama irrimediabilmente la fresca brezza di un paese vario e multiculturale; ma anche la terra che è culla (o ospite) delle tre principali religioni monoteiste. Su questo verte Mabool, un concept affascinante sull'unificazione delle speranze dell'uomo, nella continua e estenuante ricerca di una sempre più lontana salvezza.

Musicalmente i nostri restano aggrappati al continente metal, comunque sempre aperti a numerose influenze e contaminazioni. Mi spiego meglio: gli Orphaned Land hanno un po' di heavy, qualche accenno power misto a musiche etniche, sprazzi di death metal, accelerazioni black e molto, molto altro. Insomma, per farla breve, chiamiamolo "Prog" (avrete forse notato la mia grande simpatia per le classificazioni, ma a mio malgrado esistono e servono pure). La voce del frontman Kobi Farhi alterna un growl tipico del death ad un cantato pulito che per epicità e timbro non può non ricordare quello di Hansi Kursch, voce dei Blind Guardian. Ma dimenticatevi in fretta questo nome. Infatti il suono di Mabool si distanzia parecchio dalla pomposità e dal classicismo tipici del power: su una base ritmica ora serrata e tipicamente metal, ora tribale e folkloristica, gli Orphaned Land miscelano saggiamente chitarre telluriche a sonorità orientali e arabe, supportate dall'uso di strumenti tipici come il sitar e dall'inserimento di suggestive voci femminili. L'alternanza tra violenza e melodia e l'attitudine "Prog" potrebbe far pensare agli Opeth. Bene, dimenticatevi anche questi ultimi. Se volete avvicinarvi al disco in questione, dimenticatevi l'oscurità ed il decadentismo gotico tipico della band svedese di Mikael Akerfeldt.

La musica di Mabool porta con sè anche rabbia, vero, ma è al contempo luminosa e splendente, con una vena di ottimismo che si oppone nettamente e con forza all'attuale trend imposto dal genere. Insomma, fate un Reset completo e ripartite.

"Birth of the Three" nasce con uno spaccato di vita quotidiana... bimbi che cantano con un leggero accompagnamento di tamburi lasciano subito il posto alle chitarre. La melodia è immediata e ti entra seduta stante nell'anima: in pochi ormai lo sanno fare. Stupendo lo stacco di musica etnica dove il sitar riprende la melodia inizale, la chitarra elettrica accompagna dolcemente, e una sottile voce angelica completa il tutto. "Ocean Land" è una delle migliori canzoni del lotto, dotata di un ritornello drammatico ma che rapisce, sostenuto da un'ottima base di tastiere. Si ritorna sul tribale con "The Kiss of Babylon (The Sins)". Qui sorprende soprattutto il finale, una sorta di connubio tra chitarre quasi thrash e una litania vocale cantata quasi fosse una ninna-nanna dal forte sapore orientale. Se "A'salk" è un intermezzo acustico con voce femminile in primo piano (tral'altro apprezzabilissimo), "Halo Dies (The Wrath of God)" ci mostra il lato più violento degli Orphaned Land, con uno stacco centrale in bilico fra black sinfonico e death che da solo potrebbe far sfigurare mezza discografia dei Deicide (da segnalare un originale l'uso del sintetizzatore). La title-track è aperta da tastiere che vanno a pescare direttamente dalla classica, e che lasciano spazio ad un riff sulle stesse cordinate: le chitarre elettriche questa volta sono in primissimo piano, e il batterista dimostra di saper pestare duro, quando ci vuole.

Non vorrei annoiarvi con il solito e lunghissimo elenco di elogi e lodi meccaniche (penso di averne già fatte troppe), quindi mi fermo qua, anche perchè credo che abbiate ormai compreso la portata di questo lavoro. Perdonate la prolissità, ma Mabool lo richiedeva, la sua varietà lo richiedeva. Che dire, desiderate da anni un bel viaggio in medio oriente e non ne avete mai avuto l'occasione? L'occasione è qua, si chiama Mabool, risparmi il costo del biglietto. Fallo tuo, inseriscilo nel lettore, mettiti le cuffie. Chiudi gli occhi. Ora ci sei.

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