Questa recensione è dedicata a coloro i quali hanno vissuto in presa diretta la pubblicazione di "Torture Garden" e se ne sono innamorati a prima vista, anzi, a primo ascolto; sembrerà strano, visto che in oltre dieci anni non ci aveva tentato nessuno, ma i Naked City rivivono in questi Orthrelm, complesso satunitense dal nome impronunciabile (per non parlare di quello del disco) che si ispira smaccatamente alla creatura di John Zorn. Per alcuni sarà un male, per il sottoscritto è un tentativo (riuscitissimo) così ardito da meritare grandi attenzioni da parte di tutti quelli che macinano musica estrema (dal metal al Free Jazz, entrambi protagonisti di questa release).

Dodici brani, dodici brani per una durata complessiva di circa un quarto d'ora, cioè poco più di un minuto per brano: almeno in questo i nostri si allontanano dal sopraccitato lavoro, la cui tracklist contava quarantatre canzoni alcune delle quali della durata di tre o quattro secondi (elemento mutuato dagli Stormtroopers Of Death di "Speak English Or Die" e dai Napalm Death di "Scum").

I nostri invece si impegnano, per la sfortuna dell'ascoltatore, nel comporre pezzi che superano i due minuti, tutti rigorosamente velocissimi, senza interruzioni e completamente privi di una logica qualsiasi. La cosa affascinante è che nemmeno dando in mano un pentagramma ad uno stormo di tucani (che di solito non sanno cosa sia la musica né come si scrive) sarebbe venuto fuori qualcosa di peggio, ma gli Orthrelm la musica sanno cosa sia e la sanno anche scrivere; anzi, la sanno scrivere come pochi altri tant'è che riescono a mettere su uno spartito partendo da note che non sono una musica, che non sono una melodia e che sono inconcepibili da una mente umana. Gli Orthrelm, al contrario di quanto si potrebbe credere, non suonano un aspirapolvere e una stampante ad aghi, ma sono un chitarrista e un batterista geniali che, a tavolino, hanno deciso di scrivere della musica difficilissima che non sembrasse musica ma un insieme di suoni accostati a casaccio.

"Il deragliamento dei sensi" lo chiamava Rimbaud; ma qui non si parla di simbolismo, le note di "Iorxhscimtor" non rimandano al mondo noumenico e non sono emblema di qualcos'altro. Sono cacofonia purissima, sono l'antitesi dell'armonia, sono vibrazioni malsane e cerebralmente pericolose; per chi non conoscesse i Naked City e non abbai un metro di paragone cercherò di spiegarmi meglio. Immaginate di prendere il Grind più oltranzista e fastidioso e fargli stuprare il Jazz altrettanto oltranzista ed altrettanto fastidioso; vi vengono in mente i Cephalic Carnage? Non è sbagliato, ma dovete ancora fare tanta strada. Qui si è in acque internazionali, dove non c'è più "il metal" o "il jazz", qui c'è violenza contro l'udito e contro i sensi, c'è disordine cosmico e c'è il genio (i più "aperti" diranno "sprecato") di due persone. Ogni canzone è praticamente un lungo assolo di chitarra in cui si seguono scale dalla difficoltà inumana che non hanno niente di gradevole, rigorosamente eseguite a velocità altissime e con un sottofondo di batteria che non lascia tregua. Blast beat, e poi semplicemente confusione, millimetricamente programmata, ma sempre confusione. Rullate prive di un ritmo, un uso dei piatti smodato e privo di controllo, velocità assassine che se ne vanno per i fatti loro mentre la voce stridula della sei corde traccia linee spezzate che non si sa dove portino.

Arte moderna, astrattismo. In "Iorxhscimtor" è tutto sbagliato ma è pensato per essere così: "Iorxscimtor" non ha nulla di adatto all'uomo. C'è il vuoto e ci sono una chitarra e una batteria. Tutto ciò che avete sempre considerato surreale diventa reale, qualcuno si è finalmente preso la briga di farvi sentire quello che nella vostra testa è "un suono tremendo". Superfluo quindi che mi spertichi oltre in lodi alla tecnica strumentale dei due esecutori o che ne esalti le capacità compositive; ho già tolto abbastanza magia a questo disco entrando così tanto nel dettaglio, ora la decisione sta a voi.

Un Must per chi ama l'estremismo in generale e per chi vuole fare un'esperienza nuova: la direzione non si assume responsabilità in caso di danni permanenti a cose e persone...

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