Dovessero chiedermi di descrivere una band come gli Overkill con una parola, la scelta sarebbe piutto semplice. Inarrestabili.

Fin dal 1985 gli Overkill hanno continuato imperterriti la loro carriera, con parecchie persone che azzardano anche nel dire che non hanno mai fatto neanche un album al di sotto delle aspettative. Certo, non parliamo di capolavori da dover essere ricordati, ma quegli album che sono ora etichettati come "fallimentari" hanno visto negli ultimi anni una gigantesca rivalutazione in positivo, come "W.F.O.", The Killing Kind", o "From The Underground And Below".

Veri e propri pilastri del movimento Thrash quindi, e forse una della band mainstream più prolifiche a livello di pubblicazioni. Dove i Metallica entrarono in crisi fra la metà degli anni 90' e la seconda metà degli anni 2000, dove i Megadeth pubblicavano album controversi come "Risk" e "The World Needs A Hero",e altre band come gli Annihilator faticavano a tornare alle loro radici, gli Overkill continuavano a mietere vittime. Mai un passo falso, mai cambiamenti di sonorità, niente di tutto ciò.

Macchine da guerra infermabili. Ritrovarsi nei primi anni dl 2010 e sentire dischi come "Ironbound" e "The Electric Age" non può che soddisfare quella parte di persone alla quale manca quella dose di Thrash Metal che ogni tanto va rispolverata. Non che questi ultimi anni abbiano visto questo genere scomparire dalle scene, oltre alle band citate nel paragraffo precedente ci sono stati i Death Angel, i quali anche loro raramente deludono, gli Slayer, e i Testament. Sembrava però che mancasse ancora qualcuno all'appello.

Ho vissuto l'attesa della pubblicazione del nuovo lavoro della band statunitense con delle sensazioi che non avevo provato precedentemente, sapevo che dopo i precedenti lavori era (quasi) impossibile aspettarmi qualcosa che avrebbe demolito le mie aspettative,quindi diciamo che in parte provavo anche una certa sicurezza... Ma mai dire mai.

L'ascolto del nuovo "The Grinding Wheel" mi ha letteralmente spiazzato. Una produzione perfetta in ogni singolo particolare, come è normale che ci si aspetti da Andy Sneap, il quale lavora con gruppi come Accept, Machine Head, Onslaught, Cathedral, e Kreator per citarne alcuni. Tornando al disco, pezzi come "Mean, Green, Killing Machine" posta in apertura non può che dissipare ogni mio dubbio, da menzionare lo stacco centrale con il cantante Bobby Ellsworth che regala una prova canora eccellente, e con la tiratissima "Our Finest Hour" il discorso non cambia di una virgola. Sono impostate su ritornelli più facili da memorizzare "The Long Road" e "Goddamn Trouble", con quest'ultima che si rivela come una canzone devastante in sede live, già provata dal gruppo nei giorni successivi all'uscita del disco. Troviamo tutte le caratteristiche che hanno reso gli Overkill famosi nella Titletrack, basso costantemente tenuto a livelli alti, il tono di voce di Ellsworth più acido che mai e una batteria che non accenna a fermarsi, il tutto riassiunto in quasi 8 minut di pura potenza. Curiosa la scelta di voler mettere come bonus track una cover dei Thin Lizzy, "Emerald", suonata alla perfezione, ma che non mi ha convinto del tutto. Riassumendo, l'unica critica che si può muovere a questo nuovo lavoro della band è il fatto di aver messo troppi stacchi centrali nel mezzo delle canzoni che non riescono a caratterizzarle a dovere, come in "Let's All Go To Hades", ma sono veramente piccolezze.

Diciotto album in studio e ancora sono qui, intenti a non appendere ancora le chitarre al chiodo, e terminato l'ascolto di "The Grinding Wheel", non mi viene neanche in mente di chiederglielo. Volete provare voi? A vostro rischio e pericolo...

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