Era grande per me l'attesa di vedere dal vivo per la prima volta la band che, assieme ai Dream Theater, mi ha introdotto nel panorama progressive, facendomi diventare un progster a tutti gli effetti; ma altrettanto forte era il timore che non avrei trovato nessuno che con me fosse venuto ad assistere all'evento. Tant'è che l'acquisto del biglietto per me è stato per me come una questione di vita o di morte, ed è avvenuto senza prima avere informazioni ben chiare su chi venisse e chi no; ho pensato, in fase di valutazione, che alla fine fosse meglio far prevalere l'imperdibilità dell'evento e la conseguente possibilità di pentirsi di non aver partecipato alla possibilità o meno di incontrare determinate persone che non vedevo da tempo. Ma poi ho avuto la buona notizia che le persone che avevano con me assistito agli ultimi concerti milanesi di Dream Theater e Transatlantic sarebbero venute; una notizia entusiasmante in quanto l'idea di vedere un concerto praticamente in solitudine non mi caricava più di tanto.

Entriamo quando i Beardfish, band progressive rock anch'essa svedese di supporto durante questo tour, sono già sul palco; notiamo subito le dimensioni ridotte del locale, che in realtà è una discoteca (che io non ho mai frequentato con la mia compagnia, perché abituata ad andare praticamente sempre alla stessa discoteca) da molti ritenuta inadatta per concerti rock/metal, come anche un'affluenza di pubblico ancora scarsa che poco più tardi aumenterà riempiendo il locale; in ogni caso penso che una band come i PoS meritino un posto e un pubblico di dimensioni ben più grandi, ma sono subito convinto che la serata convincerà tutti!

Dopo esserci gustato la breve performance dei Beardfish e aver approfittato della pausa per qualche foto (fra di noi, nonché al palco e alla scenografia mostrante l'immagine della band presente sulla copertina di "Road Salt")... ecco i PoS salire sul palco e scaldare tutti con un duo iniziale di brani di "Remedy Lane": prima l'opener "Of Two Beginnings" e subito dopo la splendida "Ending Theme". È l'inizio di una scaletta che conosciamo tutti a memoria o quasi, dato che ha subito variazioni pressoché minime nelle varie serate precedenti. Subito dopo arriva un classicone tratto dallo storico primo album della band "Entropia": si tratta di "People Passing By", eseguita sempre magistralmente dalla band.

E quando arriva il momento si suonare qualcosa del nuovo album ecco che Daniel Gildenlow vuole richiamare su di sé l'attenzione del pubblico, sparando qualche frase volutamente idiota che scatena le risate di coloro che capiscono, accennando un paio di volte l'inizio della prossima canzone e incitando il pubblico a tenere tutti le braccia conserte, quasi come se ci stesse minacciando di non continuare la serata... questa è una dimostrazione di quanto l'intimità delle performance della band sa spesso dar spazio anche al loro lato più divertente e scherzoso. Ma alla fine dopo numerosi accenni ecco che si decidono finalmente ad eseguire "Linoleum", dall'ultimo controverso album "Road Salt", che avrà pure subito le sue critiche ma dal comportamento del pubblico durante l'esecuzione non sembrerebbe; il pubblico si dimostra infatti molto presente e vivace. E ancora più presente è durante "Ashes", tratta dal capolavoro "The Perfect Element Part. I", soprattutto durante l'energico ritornello, che la band tende sempre ad eseguire con enfasi ed aggressività più accentuata che nel disco; uno dei momenti in cui mi sono scatenato di più; momento che prosegue alla grande con "Diffidentia", unico brano in scaletta proveniente dall'incredibile album "BE", che mostra band e pubblico scatenati e un Gildenlow molto espressivo nei suoi movimenti; pura emozione poi cala sul pubblico nel finale. E mi chiedo come mai da "BE" si limitino a suonare solo tale brano nonostante le altre ottime canzoni presenti in esso; ma effettivamente sembrerebbe essere il brano più adatto ad essere portato dal vivo.

Segue poi altro materiale proveniente dal primo album "Entropia", prima la breve intro "Welcome To Entropia", affidata ad un nastro, che prepara a "Winning A War" sempre con modifica del break prima dell'impennata finale, analogamente a quanto accadde nel live acustico "12:5"

E ora ci si dedica a un po' di materiale proveniente dall'ultimo album "Road Salt". Prima "No Way", poi la delicata ed intima "Road Salt" eseguita splendidamente da Daniel e dal tastierista Fredrik Hermansson (probabilmente il membro meno appariscente e più riservato sul palco): luci soffuse e qualche accendino al vento per questo momento di grande impatto sentimentale.

"Of Dust" è invece affidata ad un nastro; è un peccato perché ne sarebbe uscita fuori un'altra esibizione calda e accogliente all'incirca quanto quella di "Road Salt". Si approfitta di tale momento per preparare qualcosa di davvero eccezionale sul palco: infatti viene posto al centro del palco un qualcosa che sembrerebbe simile ad un frigorifero ma in realtà è una specie di pulpito, un altarino; e vengono srotolati i lenzuoli posti dietro le postazioni del bassista Per Schelander e del chitarrista Johan Hallgren, nonché quello posto sul pulpito... fino a formare la sigla RS1, con un carattere su ogni lenzuolo, in minuscolo, cerchiato, fromando così l'acronimo del titolo dell'ultimo disco. E su quell'altare Gildenlow, ben accompagnato dalle luci proiettate su di lui, sale per intonare "Kingdom Of Loss", unico brano in scaletta dal penultimo album "Scarsick".

E siamo verso la fine. Daniel sale la scalinata e si affaccia al balconcino (quello che se non sbaglio conduce al privé nelle serate) e da lì esegue, accompagnato da Hermansson, "Falling", il breve intermezzo inserito come penultima traccia di "The Perfect Element Part. I", e tutti girati verso sinistra ad osservare dal basso la splendida esecuzione dell'assolo, prolungata oltre i quattro minuti (solo 1:50 la durata originale); è l'apripista, come nell'album, a "The Perfect Element"; anche stavolta esecuzione dal grande impatto emotivo, uno dei momenti più emozionanti della serata per me, concluso dalla piacevole sfida percussionistica che vede i vari componenti della band (escluso il tastierista, se non ricordo male) di fronte al batterista Léo Margarit (al suo debutto nell'album "Road Salt" dopo la dipartita di Johan Langell).

E non finisce qui! Un breve rientro nel backstage e rieccoli sul palco per gli encore, con Daniel che si è cambiato, abbandonando l'acconciatura da femminuccia che ha portato per quasi tutto il live e indossando la maglia del tour, che egli presenta in quelli che potrebbero benissimo essere etichettati come "i 3 minuti di Media Shopping - con Daniel Gildenlow" e che poi cede al chitarrista Johan Hallgren (da me fotografato molto volentieri per via delle sue espressioni sempre piene di sofferenza durante gli assoli) che la strappa. Questo rientro è caratterizzato dai cori del pubblico che a gran voce chiede "Undertow" (album: "Remedy Lane") tant'è che i membri si guardano in faccia e decidono di accontentarc; il brano non è previsto in scaletta, qualcuno teme che l'esecuzione non sia all'altezza e invece... ci smentiscono ancora una volta e ci regalano un altro momento di grande emozione; brano anche stavolta eseguito su una tonalità diversa da quella originale e rinunciando all'impennata heavy finale ma ciò nonostante ci ha emozionato lo stesso.

La chiusura per fortuna non è affidata ad "Halleluja" come successo in molte serate precedenti (l'amico accanto a me minacciava scherzosamente di lasciare in anticipo il locale se ciò fosse avvenuto) ma a "Nightmist", dal primo album "Entropia", dove non mancano di stupire ancora con un'improvvisazione reggae nella parte strumentale centrale e con un'altra dal sapore blues nel finale.

E finisce qui una grande serata per noi. I PoS si dimostrano ancora una volta una grande live band! Due ore di musica ed emozioni in compagnia di musicisti magari non appariscenti dal punto di vista tecnico rispetto ad altre band ma estremamente eccezionali, soprattutto dal punto di vista introspettivo. Assolutamente notevole poi la scaletta, che ha dato sì spazio ai nuovi brani ma ha dato anche spazio a brani che sono diventati ormai classici della band; l'unico neo in essa si potrebbe trovare nel non aver dato spazio a nemmeno un brano da "One Hour By The Concrete Lake", un album notevole nella discografia della band ma che a quanto mi pare di capire lasciano spesso fuori dalle scalette (come ad esempio nell'acustico "12:5").

E torniamo a casa (dopo le ultime foto fra amici e dopo aver acquistato le maglie) con tanta soddisfazione ma anche con una serie di domande (almeno io, gli altri poi non so): di fronte ad una serata come questa... che senso ha rimpiangere il Festivalbar? Che senso ha spendere 80 euro per Lady Gaga? E che senso hanno i tutto esaurito per Gigi D'Alessio?

Una band come questa non si merita un pubblico così ristretto, lì dove ci sono interi stadi e arene riempiti ci dovrebbero stare loro, non i sopra citati! Ma nella musica so che non vi sarà mai meritocrazia, gli artisti a tutto tondo verranno sempre snobbati e quelli più venduti al mercato sempre lodati come santi. Per fortuna che esiste gente come noi che usa il cervello e riconosce chi effettivamente merita attenzione e chi invece è soltanto l'ennesima e stereotipata banalità da supermercato!

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