Inizio il mio bellissimo viaggio da sogno (ma ad occhi aperti) con una dichiarazione d'amore fra note di pianoforte ed una fisarmonica che fa tanto Parigi di inizio 900. Ma questo è solo l'antipasto e, cullato ora da un ragtime, ora da un ritmo jazzato, ora da uno swing, ora da un "mood" da cantastorie parigino, ora da una chanson alla Jacques Brel, ora da un sound jazz-pop, ora da una rumba, ora da un ritmo esotico, ora da un fandango, ora da un boogie, ora da un foxtrot, e quasi sempre con l'accompagnamento di un meraviglioso pianoforte, proseguo il mio viaggio appena iniziato. E così mi imbatto: in un uomo scimmia che cammina o forse balla ed in troppe cravatte sbagliate sotto le stelle del jazz; in degli impermeabili sui quali piove proprio bene (ma non altrettanto sull'anima), così come piove sulle insegne delle notti andate del Mocambo con le sue serrande abbassate; in un gioco d'azzardo per capire che in realtà "si trattava d'amore, e non sai quanto"!

Continuando il mio viaggio vedo inoltre: certi gatti o certi uomini svaniti in una nebbia o in una tappezzeria, che più che gente sembrano foulards; il caviale, il patè e uno champagne da favola, ma da favola snob; una danza vertigine, un ballo frin frun che toglie le calze e le scarpe alle femmine; una cameriera che non parla perché è straniera, un'auto che sa di vernice, di donne e di velocità, le ombre di un sogno o forse di una fotografia lontani dal mare con solo un geranio ed un balcone; una giacca nuova che per essere notata dagli altri deve diventare vecchia; un'orchestrina che suona un motivetto da ballare accompagnando l'esibizione di un'odalisca nuda la quale, una volta finito lo spettacolo e rivestita, bisogna portare a fare quattro passi in riva al mare perchè lei lo vuole vedere mentre albeggia nonostante esasperante sia il suo languor, mentre nel frattempo nel buio echeggia una scorreggia e la stella Aldebaran ride e fa "to be to be to be or not to be"; una faccia imprestata da un altro, ma si vorrebbe la propria da offrire a quel pubblico che ti guarda come a Carnevale si guarda una maschera; due piedi danzare qualsiasi tipo di ballo conosciuto sui sentieri dei grammofoni e, nonostante ciò, non udire mai nessuno che abbia amato piedi del genere, capaci di ballare di tutto; la schiava del Politeama che mai cancellerà con l'acquaragia quella vernice oro che indugia sul suo corpo genial, che danza il ballo dei suoi sette veli per fare arrivare gli spettatori ai sette cieli; una statua di luna su lucidi ghiacci.

Ed ancora, andando avanti: fiori azzurri, un tempo grigio pieno di musiche e di uomini che son piaciuti; un bel mondo dal colore baio attraversato dal fiume di gennaio, con occhi che si cercano, labbra che si guardano, gambe che si sfiorano e tentazioni che si parlano; una verde milonga con la sua origine d'Africa e la sua eleganza di zebra e con il suo essere una verde frontiera fra il suonare e l'amare; Max con la sua lucidità e la sua facilità che però non semplifica, mentre un segreto si avvicina; un macaco senza storia che stava lì col suo sorriso a veder passare i tram ed una vecchia pista da elefanti stesa sopra al macadam; il deserto tatuato da leonesse e zulù, grandi sbadigli e sonagli bantù con giardini pensili che hanno fatto il loro tempo e non si vedranno mai più; Bastian Caboto e Vasco Da Gama che andavano in pieno mare, con un ventaglio di meraviglie americane ed un dialetto fresco di mattino Zulu; una scrittura fatta di silenzio indiano, di dialetto di lontani specchi e nuvole parlanti; il Diavolo Rosso che dimentica la strada per andare a bere un'aranciata, mentre controluce tutto il tempo se ne va; i bastimenti in Argentina che dicono: "partiamo" davanti ad un mare enorme americano; un lampo di cretineria, un piezo de lana inglesa de fama portuguesa e la idiosincrasia de una metropoli, anzi di una danson metropoli; colleghi trascurati chiusi nella toilette a farsi belli, con cuochi ambulanti che soffriggono musica, ghibli che soffia dietro una porta chiusa ed un bel talco da miliardario; donne pallide che sopra una vecchia Singer cuciono spolverini di percalle ed una vecchia cuoca in cucina che sgrida i fantasmi dei buongustai; una musica forte e petomane scritta dal diavolo in spregio evidente della civiltà; le chic et le charme.

Il viaggio può continuare ed allora osservo: un pomeriggio troppo azzurro con un pò d'Africa in giardino, tra l'oleandro ed il baobab; Bartali col suo naso triste come una salita ed i suoi occhi allegri da italiano in gita, tra francesi che si incazzano, giornali che svolazzano, donne a volte scontrose o che magari hanno semplicemente voglia di far la pipì, mentre abbaia la campagna; una Topolino amaranto che sembra un' Aprilia se le lasci sciolta un pò la briglia, nell'estate del '46; Genova con la sua macaia scimmia di luce e di follia, foschia, pesci, Africa, sonno, nausea, fantasia e gamberoni rossi; un naufragio su un'isola stupenda con canne e bambù, ritmi, canzoni, donne da sogno, banane e lamponi; Messico e nuvole, la faccia triste dell'America, il vento che suona la sua armonica e situazioni di contrabbando; tanta pasion per una historia infinita, una illusion temeraria ed un indiscreto final; ultime sambe degli anni 50, la nordica pallida Europa: confidenzial, fregatura total, illusional, come il gerovital; un ballo in un dancing, con un'inquietudine nel passo ed un grande inchino a una città lontana, tutta di madreperla, argento, vento, ferro, fuoco e con la non completa convinzione che la rumba sia soltanto un'allegria del tango; un'orchestra illusa a Napoli, sgridata a Minneapoli e che precipita in un ventilatore al Grand Hotel; happy feet con un Picasso in fiamme ed il labirinto di un amaro autore; maracas a Cuba, mezza barocca, un pò malambra e tanto garage; una coppia che danza un boogie e che sa a memoria dove vuole arrivare, mentre l'orchestra si dondola come un pamizio davanti ad un mare venerato: era un mondo adulto, si sbagliava da professionisti; il Mocambo tutto in fior dopo un periodo di solitudine e di vicissitudini; occhi che trascinano torrenti d'acqua chiara dove bere, poi boschi e vallate col sole più caldo che c'è; un sandwich ed un pò di indecenza, una musica, turca anche lei, che riempie la stanza di incantesimi, spari e petardi; un vecchio errore pagato caro, che spieghi cosa vuol dire amare l'amore senza mai fare neanche un errore; Wanda che sta seria con la faccia ma però ride con gli occhi, con carezze qui, carezze là per scandalizzare la gente; un gelato al limon e l'intelligenza degli elettricisti per far avere un pò di luce alla stanza negli alberghi tristi, dove la notte calda scioglierà i due amanti; il Sudamerica, dove i ballerini aspettan su una gamba l'ultima carità di un'altra rumba.

Tutte le cose belle prima o poi finiscono ed anche il mio meraviglioso viaggio, purtroppo, volge al termine. Ma non prima di aver sentitissimamente ringraziato Gong-oh, "spirito lontano", senza il quale tutto questo non sarebbe stato possibile: è grazie a lui infatti se ho potuto viaggiare nello spazio ed avanti e indietro nel tempo, nonché ascoltare linguaggi non più esistenti, come in un incantesimo. Ora sono giunto davvero alla fine e torno, con un pò di malinconia, alla routine della vita quotidiana, soprattutto lavorativa, ed al suo carico di adempimenti, scadenze, impegni da rispettare e via discorrendo. Ma mi torna quasi subito la voglia di ripartire per un altro splendido viaggio mentale ed uditivo, per poter evadere anche solo per qualche ora dal tran-tran di tutti i giorni senza muovermi fisicamente neanche di un millimetro. O anche (perché no?) di ripartire per lo stesso identico viaggio appena concluso per poter poi esclamare, alla fine: "Tutto il meglio è già qui". O anche: "It's wonderful".

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