“Sonos ‘e memoria”: non solo venticinque ineguagliabili ed irripetibili primi di incartapecorita celluloide pre-secondo conflitto mondiale (riportata a più consona essenza), scovata in chissà quali obnubilati, polverosi archivi dell'Istituto Luce, ma inatteso, intrigante, work in progress musical/cinematografico, parto del connubio delle lucide menti di uno dei migliori registi della cosiddetta “nouvelle vague” (con tutta probabilità il più “fine”) cinematografica isolana, Gianfranco Cabiddu e l’oramai internazionalmente apprezzato ed amato poliedrico (una ventina circa i progetti ai quali partecipa attivamente) strumentista Paolo Fresu.

Una dozzina di elementi coadiuvano ed interagiscono su palco i contrappunti squisitamente jazz d.o.c. del buon Fresu: tra i tanti è il caso di sottolineare i significativi contributi dell’ottimo e mai sopra le righe contrabassista Furio Di Castri, dell’esuberante Antonello Salis (in questo contesto, esclusivamente alla fisarmonica), della eterea ed a tratti stentorea vocalità di Elena Ledda, altresì dei fondamentali contributi del Maestro Luigi Lai (launeddas) e del coro polifonico “Su Concordiu e su Rosariu”.
La serata (pre-proiezione filmica) muove i suoi prima slegati e poi man mano sempre più eleganti/sicuri passi acustici nell’alternanza delle performance semi-soliste di carattere squisitamente etnico/musicale ma di ampio respiro, delle diverse componenti sia vocali che strumentali: la sensazione, ascoltando le fini tessiture imbastite, col contagocce (quasi ci sia timore reverenziale o senso sgradito di poter andare “oltre”) dalla specificità del “gruppo” (riduzione terminologica: per puri fini sintetici) è la assoluta veridicità e padronanza della materia trattata, ossia (come sostiene lo stesso autore) "lontana da quelle operazioni.. tra jazz e musica sarda che poco hanno prodotto se non il violentare la tradizione per usarla".

Il segno/senso che vien fuori dall’ascolto “in piazza” (all’addiaccio..) è propriamente questo: l’uso “corretto”, rispettoso, quasi liturgico (non in senso ecclesiastico..) della tradizione musicale Sarda. L’ultima parte del “concerto”, quella segnatamente caratterizzata dalla proiezione filmica delle stranianti, ma affascinanti immagini di un’isola che (davvero) non c’è più, sono decisamente da brividi: le immagini iniziano a scorrere fluenti (seppur nella loro “velocizzata andatura” d’epoca) e narranti, le luci si abbassano sui musicisti quasi che il loro apporto sia solo da corollario (e non sarà così..) alle figure spaurite/divertite che spesso si soffermano di fronte al famigerato “occhio” (il buco nero) della cinepresa: un incidere musicale e “immaginifico” spiazzante e totalmente gratificante per entrambi (udito e vista) i sensi.

Scroscianti, insistiti, applausi nonchè copiose richieste di (improbabili, ma ottenuti..) bis chiudono il concerto: una serata davvero da annotare e ricordare “Sonos ‘e Memoria” nella affollatissima e grata Piazza Roma di Carbonia… certo il 31 agosto il bel momento sarà vituperato dal famigerato, danzereccio/a-grana-grossa, “Addio all’estate”… (de gustibus) ...e ma non si può avere tutto dalla vita!

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