Qui non ce n'è più per nessuno, almeno per me. L' altissima qualità di prodotti della misconosciuta scena trance californiana degli anni '80 con due-tre lavori tocca picchi impossibili e il disco in questione rientra in questo podio e nel mio personale trittico delle meraviglie sonore di tutti i tempi. Uscito nel 1987 come primo prodotto per la Nate Starkman & Son, etichetta cui l' anno successivo vedremo l' uscita dei Red Temple Spirits, e che ci fa montare subito sopra questa diligenza che ci trasporta in uno psychowestern.

C'è stato subito feeling tra noi. L' imbarazzante copertina (e retro) rispecchia l' interrogativo di dove ci stiamo infilando, alla fine troveremo plausibile la lucida coerenza di biascicare: "The Elefant Is In Red!" ripetuto fino allo sfinimento. Ma il mistificato delirio non finisce qui, in verità non inizia nemmeno, l' alterazione persiste da tempo immemore. I Party Boys intervengono a delle feste dove l' intento inconsapevole nell' atto crea effetti collaterali che spingono il fruitore ad aprire i suoi personali manicomi. Bandendo la schizzinosità, bellamente spudorati, si propongono di suonare in ogni dove per diffondere un' avanzata sonora scarna e scorticante. Non gli importa di sacrificare la benevolenza altrui anzi brandiscono l' esigenza di comunicare visioni parallele che ci affiancano nell' invisibilità. L' impatto denuda una perplessità di comportamenti implementati dalle influenze esterne. L' impatto risulta esaltante come se sostituissi con la carta vetrata quella igienica.

Rock troglodita, country rottamato, blues stremato, surf affogato. Un suono pioniere come per dire: "Quanto se semo scassati er cazzo pe' arriva' a 'sta cazzo de California". Primitivismo regale, caverne dell' essere che si guadagnano l' oblio della scivolata. Tappeti volanti sostituiti da diligenze sforacchiate. Le percussioni ci recuperano l' infinito passato, il cantante ci ricorda che i nosocomi dei picchiatelli sono stati aperti già dagli anni '70 ma che la pratica dell' elettroshock vige inossidabile, le chitarre intrecciano rumore generando un tappeto trance che ti esenta ad assumere alcuna sostanza impropria, al basso troviamo Marnie Weber l' Alice dell' underground in una Los Angeles di notti mai finite.

Meraviglia per le nostre allucinazioni è il genuino impatto che cela un' apertura a profondi delirî dove decise mareggiate fanno scaturire nausee indispensabili per scovare qualche carogna che è in noi. Qui la moneta di scambio è la farneticazione. La pantomima schizoide del cantante inaugura una nuova dancefloor, annessi maglioni natalizi usati per i "live", una balera estraniante: "E vai col tango!" Si balla sul filo del rasoio di un baratro del pianoterra, tutti sono invitati. Tutti gli strumenti sono pronti per lo sdrumamento aspro e invisibile. I due percussionisti battono i tamburi rigorosamente e gloriosamente eretti.

Nella seconda facciata il vomito a schizzo psichico raggiunge livelli definitivi di agitante imbambolamento, non più arrivabili. Nella mini suite finale ritroviamo il frontman in deliquio che reitera l' ossessione trance "In Daddyland" provocandoci una vacua indisposizione, apriamo un po' più la finestra per mancanza d' ossigeno ma al tempo stesso aneliamo l' occultamento... Il riscaldamento della prima facciata è già sfiancante, i pezzi di susseguono amalgamando aspettative sconosciute ma ancora verificabili: il mio nome è Nora, "cucchiaiate" "sottoterra", gli elefanti sono rossi... Ma ripeto è il lato B che dà la definitiva mazzata tracciando un look parossistico ipnotico che ci passa dalla padella alla brace delle alterazioni sensoriali. È una crescita decadenziale 'sto lato B, giri di chitarra trascinati, dopo un po' attaccano i tamburi che non ti mollano più, il cantante dà il colpo finale: nella "terra di papà" iniziano i tuoi brividi e non si fermeranno.

Gli stati di allucinazione si ingarellano tra di loro innalzando la reiterazione nella zona rossa del fuori giri. Il motore ha la forza di teletrasportarci in alterate lande che ributtano fuori il pus salvandoci da una cancrena armonica ingannevole. Caustici come azoto liquido bruciano le ultime verruche di melodia fuorvianti, disintossicati dalle scorie metalliche dei vaccini razionali possiamo inaugurare la nostra stagione al sole di lucida partenza del boccino.

Come è normale quello che crediamo normale, è normale anche il distacco nella normalità. L' indottrinamento alla menzogna dell' ambiente esterno è rotto da aperture improvvise i cui lampi disintegrano l' imbambolamento indotto e invitano ad un' indigenza cosciente necessaria per la sparizione. Tre-quattro ascolti e quando tutto l' ambaradan si apre ne vedrete delle belle... Le urla provenienti dalla perdita del senno sono ammesse e se non dovessero scaturire sappiate che siete dei robot. Lo diranno i nostri ipnotizzatori quando potremo riprendere le nostre facoltà matrixficate: "ti sveglierai solo quando lo dirò io, quando lo dirò io"...

A loro modo ci amano, non ce lo diranno. Vola, vola, vola...

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