C'era una volta un menestrello di nome Moses Metheny. Correva l'anno 1850 nella polverosa America del mid-west tra Kansas, Oklahoma e Missouri. Moses si dilettava a passare da un paese all'altro con qualche compare suonando per piccole platee nelle festicciole locali, e a volte capitava impartisse lezioni di musica a chi lo desiderasse. Un bel giorno però Moses decise di mettere radici ed insieme ad una sparuta comunità e fondare Lee's Summit. Il paesaggio è quello delle praterie, luogo storico di riserve indiane. I Pellerossa affibbieranno un nomignolo a quella rumorosa comunità: Chautauqua. Nel linguaggio indiano sta a significare proprio musicista errante.

Fu il nonno di Pat (figlio di Moses), Harrison, morto nel 1982, a definire così suo nipote. Vedendolo viaggiare così spesso per i concerti affermò "tu sei come un novello Chautaqua". Da qui nasce l'ispirazione di Pat, all'epoca ventitreenne, per un album molto personale, con accenni country e richiami alla propria terra e alle proprie origini. In perfetta solitudine Pat inciderà in soli tre giorni uno dei lavori più intimisti e riflessivi, con un netto richiamo alle atmosfere ed alla calma dei luoghi della sua infanzia. "New Chautaqua" è completamente suonato da Pat, basso compreso, ed è un album molto acustico, armonico ed impregnato di lunghi soliloqui alla chiatarra elettrica.

Nello stile di questo lavoro sono rinchiusi l'uso ritmico della chitarra acustica, tipico di Pat, ed una interessante fusione dei generi country e jazz. In realtà in ogni brano, oltre alle sovraincisioni, sono determinanti accordature particolari (2 corde su 6 hanno un'ottava più alta) e tecniche anomale che non mi addentrerò a specificare, ma che produrranno un suono particolare e ricercato.

Allegra e rinfrescante l'atmosfera del brano di apertura"New Chautauqua", dove lo stile country produce un effetto solare e giocoso. Più triste, ma affascinante per i cambi ritmici "Country Poem" nella quale si evidenzia l'uso melodico dei bassi negli arpeggi. Arpeggio misterioso, soliloquio acustico e durata impressionante (10 minuti e rotti) per "Long-Ago Child", decisamente il brano meno masticabile del disco. "Hermitage" è leggera quanto obliqua nel suo incedere malinconico ed è di buon valore melodico ed acustico.
Capolavoro assoluto "Sueno Con Mexico", dove si può gustare un incredibile uso del basso di Pat, ammirare l'ottimo lavoro di tripla sovraincisione, assaporare la freschezza e la profondità dell'arpeggio e percepire la giosità del suono "aperto e fascinoso" dei soli methenyani. Fantastico. La melodia è travolgente, richiama al country nella parte centrale, e denota una ricchezza di suono, con picchi di bravura creativa davvero notevoli, per l'intera durata del brano. Storico. Carezzevoli i tocchi che formano "note diafoniche" eseguiti sui capotasti alti nella parte finale del brano.

"Daybreak" chiude un album che ha degli aspetti magici. Questo pezzo è un crescendo. Si parte con un suono scarno solo ed acustico che va via via prendendo spessore, si arrichisce nella melodia e passa dal jazz fino a fondersi col country, apparendo completamente rinnovato rispetto alla parte iniziale. Anche qui il lavoro di tripla incisione è davvero godibilissimo.

L'album nasce in un periodo decisamente fecondo dell'artista di Lee's Summt, che sfornerà nello stesso anno con in group l'ottimo "American Garage". Contenutisticamente non è un lavoro immenso, ma contiene senza dubbio un capitolo della musica methyniana da non trascurare. Una nota sulla copertina scelta con il produttore Eicher: domina un'autostrada del mid-west, metafora del viaggio e del vagabondaggio per il mondo. Come un novello Chautauqua.

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