Su Paul, leggendario cantante degli Iron Maiden che ormai ci guarda da lassù da qualche mese, ne sono state dette di tutti i colori e non ha certo senso che qua mi metta a elencare le sue bravate, così come poco significherebbe se iniziassi a citare i suoi più o meno validi progetti musicali post-Maiden. Mi limiterò a dire che io tutto sommato li trovo gradevoli e qualche canzone qua e là mi piace.

Analizziamo però uno dei suoi ultimi lavori, un breve Ep che precedeva un più ampio Lp, che sarà il testamento del nostro Paul.

Giunto allo stremo, consumato da una vita costellata di avventure finite male e mangiato dalla malattia, il vocalist dà alle stampe tre brani che riassumono, secondo me, quanto di meglio si potesse tirare fuori da lui. "Stop the War" è incisiva e gioca su un buon ritornello, "Warhorse" si mantiene su coordinate simili aggiunge melodie particolarmente godibili mentre "The Doubt Within" è più riflessiva ma parimenti carica. Il tutto per undici minuti di buona musica. Queste ultime canzoni sono state stroncate da buona parte della fanbase metal mentre la critica specializzata è stata generalmente più generosa oscillando intorno al 6 e mezzo. Io francamente non capisco invece questo astio: il genere proposto è un heavy metal vagamente punkeggiante, arioso e spumeggiante, che risente degli acciacchi di Paul e che certo non porta novità nella scena, ma che si stampa in testa e all'ascolto corre che è un piacere. Ovviamente nessuno dei brani sta sulle coordinate di qualità dei classici del passato e le idee messe in tavola non sono quelle di un capolavoro, ma stiamo su brani che per quanto mi riguarda superano di non poco la sufficienza.

Di certo il cantante non si è circondato di musicisti di alto rango, ma ognuno fa il suo sporco lavoro collaborando a questa mazzata caciarona e casinista, come l'heavy metal degli esordi e esattamente come Paul era. Io credo quindi che questi brani siano un ottimo testamento per il mitico Paul.

Siamo sui livelli di "Killers"? Neanche lontanamente. Ma perché "Senjutsu" lo è? Gran bel disco, sia chiaro, ma qua i fasti del passato li ricreano in pochi...

Una nota per la voce: sorprendemente buona, il Nostro ringhia e pur essendo evidente un gran calo rispetto agli anni che sono andati si lascia ascoltare più che gradevolmente. Per come la vedo io l'attitudine che assume questo disco è una valida alternativa alla scena moderna del metalcore et similia (che più si va avanti più - se all'inizio poteva essere interessante - rivela lati ridicoli) e a varie cianfusaglie che il metal di oggi propone. Sia chiaro: non dico che il metal deve rimanere sempre così; chiedo però, quale attitudine possa pareggiare quella di un vecchio incazzato che in barba alla malattia fa un disco così? La voglia di Paul di cantare il rock duro si sente e mi dispiace, ma che lo abbia fatto solo per soldi mi sembra una stronzata. Voto: 72/100.

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